Ambiente

Ambiente Copertina
Numero 4/2017 Chiara Orsini

Aridocoltura e territorio
Uno spunto per la gestione responsabile dell'acqua

La gestione dell'acqua in agricoltura è una grande sfida per la società moderna.

Sin dall'antichità la fertilità del suolo e la presenza di acqua hanno permesso lo sviluppo delle civiltà umane. Un suolo ricco portava nutrimento a persone e animali. In tempi antichi si poneva molta attenzione alla gestione delle acque irrigue: pensiamo alle opere di canalizzazione del Nilo e della mezzaluna fertile.
Attualmente le necessità imposte dal mercato inducono piccoli e grandi coltivatori a sfruttare l'acqua in maniera sempre più scellerata. Si stima che In Italia oltre il 50% dei prelievi di acqua sia destinato ad usi irrigui. La nostra produttività agricola per ettaro in termini di prelievi di acqua è la più bassa fra quelle Europee. Con la Spagna, l'Italia è il Paese che registra il tasso più alto di prelievi sulle risorse idriche disponibili e la maggior parte degli impianti di irrigazione sono a pioggia. Questo significa uno spreco idrico più alto, poiché si comprende come l'irrigazione di superficie, soprattutto se applicata nelle ore più calde della giornata, come spesso accade nelle grandi industrie agricole, produce una veloce evaporazione dell'acqua.
Agricoltura e industria consumano in gran parte acqua potabile che restituiscono spesso inquinata e sono i settori che pagano le tariffe più basse per uso dell'acqua potabile. Il problema è chiaramente legato all'attuale modello economico-sociale, per cui non esiste stagionalità del prodotto né contesto territoriale, nel senso che la produzione agricola su larga scala, come una vera e propria industria del cibo, non tiene conto di clima, temperature, suolo o altri fattori che potrebbero determinare una specificità della produzione, ma punta essenzialmente alla produzione intensiva di cibo standard, per foraggiare il mercato globale del prodotto indifferenziato.
L'irrigazione è una pratica indispensabile per l'agricoltura, tuttavia può essere impiegata secondo una precisa programmazione ed equilibrio delle disponibilità d'acqua presenti nel terreno. Esistono numerose strategie per ridurre lo spreco idrico in agricoltura è sufficiente rivolgere lo sguardo al nostro passato e prendere spunto per migliorare le tecniche future.
Nel nostro territorio, per esempio, da sempre caratterizzato da estati afose e poco piovose e inverni relativamente miti, la produzione agricola in passato era essenzialmente basata su colture a bassa esigenza idrica. Si parla oggi di aridocoltura per riferirsi a quelle strategie messe in atto per decenni dai nostri avi, senza nessun altro strumento se non l'osservazione diretta del contesto e la valutazione empirica delle risorse a disposizione. In Permacultura, il sistema di progettazione di ecosistemi sostenibili e resilienti, "Osserva e interagisci" è il primo principio da rispettare per poter progettare nel rispetto della natura e senza uno spreco energetico. Questo stesso approccio permetteva, in passato, di ottenere raccolti più che soddisfacenti, con un utilizzo pari a zero di tecniche di irrigazione manuali.
L'aridocoltura predilige, infatti, i cereali, i legumi e altre varietà a ciclo autunno-primaverile. In questo modo si sfruttano le piogge e le temperature più basse, legate a questo periodo dell'anno: il cece nero, la cicerchia, i fagioli bianchi, la canapa sono solo alcune delle coltivazioni tipiche, senza dimenticare l'ulivo e la vite. La produzione di altre colture più bisognose di irrigazione non deve essere ovviamente eliminata dal nostro immaginario, ma si può pensare di ridurre la produzione a livello domestico e non su larga scala e innescare altre strategie di risparmio idrico, interconnesse e allo stesso modo efficaci.
Come per esempio, l'utilizzo di impianti di irrigazione a goccia in combinazione con la pacciamatura. L'impianto a goccia evita lo spreco idrico perché si basa sul principio di distribuzione dell'acqua vicino alle radici delle piante, nella quantità e con la frequenza più idonea alla fase di sviluppo della coltura. La pacciamatura, invece, consiste nel creare uno strato di 20-30 cm di paglia o altro materiale organico che funge da copertura costante per il terreno coltivato, in questo modo si riduce di molto l'evaporazione dell'acqua di irrigazione e il terreno è protetto dai raggi solari diretti.
Esiste un'ulteriore strategia, molto simile alla pacciamatura, che si basa sull'utilizzo al posto della paglia di rami e ramaglie, precedentemente sminuzzati e trasformati in cippato. Il metodo detto BRF, che sta per Bois Ramèaux Fragmentès (cippato di ramaglie fresche) è stato ideato in Francia dal professore Gilles Lemieux e prevede la copertura completa del terreno di coltura con uno strato di 20 cm di cippato di rametti con diametro inferiore ai 3 cm. Il cippato favorisce, e se necessario ricrea, l'attività biologica del suolo (funghi, microflora, microrganismi animali), migliora la struttura dei suoli, ma anche il potere di ritenzione idrica. Si basa essenzialmente sulla simbiosi funghi/ lignina, un componente chimico organico presente in tutte le piante. I funghi risultano essere gli unici in grado di biotrasformare la lignina, digerendo i suoi enzimi e producendo così humus stabile. Lignina e funghi hanno proprietà e caratteristiche uniche, che li rendono una coppia determinante per l'origine dei suoli e che tuttavia conosciamo ancora poco.
La gestione dell'acqua in agricoltura è una grande sfida per la società moderna. La mancanza di responsabilità nella gestione delle risorse idriche in agricoltura è molto più pericolosa di un uso scorretto dell'acqua in ambito domestico. Sperimentare strategie nuove, interconnesse, guardando il proprio contesto territoriale è il punto di partenza verso un modello agricolo veramente sostenibile, che cambia l'orizzonte d'attesa e migliora le condizioni di partenza delle generazioni future.


"Uno sguardo della situazione idrica a livello mondiale" Dr. Rosario Lembo
"L'orto senz'acqua" Jacky Dupety; Terra Nuova Edizioni, 2013

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