Libro capurso

“Il sentiero dei figli orfani”, il nuovo romanzo di Giovanni Capurso: dentro, fuori e intorno alla dimensione contadina nella Basilicata di ieri e di oggi

Cultura

Marzo, 2020

Danilo De Luca

Estate dei primi anni ‘90. San Fele (Potenza), in Basilicata. In un paesino di quattromila anime a 900 metri sopra il livello del mare, muove i primi passi verso l’adolescenza il giovanissimo Savino. La dimensione contadina avvolge il protagonista e il lettore fin dalle prime battute e accompagna entrambi in un viaggio all’interno di ‘Il sentiero dei figli orfani’, il nuovo romanzo di Giovanni Capurso edito da Alter Ego Edizioni.

Savino è un ragazzino curioso, animato dal “demone del dubbio”, ma privo di punti di riferimento solidi verso cui tendere le proprie domande. Il contesto famigliare è quello che lo scenario lascia intuire, permeato da relazioni rispettose, ossequiose, ma impregnate di tabù e di reverenza. Savino si raffronta con il malinconico padre Michele, con la paciosa madre Carmela, non trovando né in uno né nell’altra una guida luminosa capace di orientare i suoi turbamenti. Neppure il fratello maggiore Aldo, schivo e diffidente, riesce ad ergersi a Stella Polare, così la bussola emotiva di Savino si ritrova costretta a puntare al di fuori del proprio nido.

La Lucania di quei tempi, però, non riesce a fornire al giovane il supporto di cui egli necessita; i ritmi della campagna vibrano su uno spartito che non regola soltanto le attività lavorative, ma anche le passioni e gli istinti, mortificati e traditi da un luogo che non sa accoglierli o coltivarli. Su queste duplice tensione scorre la trama dell’opera, un racconto dentro e fuori le terre della Basilicata di allora, che lascia i propri figli orfani, li emargina da loro stessi e impone loro una condotta pubblica sottomessa. Attraverso gli occhi di un adolescente scosso da turbe e trasformazioni, Capurso racconta un dramma che è umano, prima che economico, introspettivo prima che sociale. L’autore si serve di uno stile amaro, si arma di una prosa aspra per raccontare malesseri che sono al contempo personali e comunitari. La trama scorre alla stessa velocità della sua collocazione spaziale, catapultando il lettore nel contesto della Lucania di un tempo e in modo quasi istintivo, naturale, spontaneo, ma che di casuale non ha nulla. Qui sta la vera forza di un romanzo appassionato, sofferto e che di sofferenze racconta.

Savino affronta la propria timidezza e la propria peritanza nei confronti della sessualità individuando una figura paterna fuori dalla sua famiglia, in un personaggio affatto conforme all’etichetta imposta dalla genitorialità, ma ben più funzionale allo scopo: il forestiero Adamo, un uomo solitario e dai trascorsi torbidi, ma unico davvero in grado di fornire a Savino il punto di vista maturo e lungimirante di cui è in cerca.

Giovanni Capurso lascia trasparire senza mai rivelare dichiaratamente un filo rosso di malinconia e abbandono che guida l’intero testo, che addensa i rapporti che Savino stringe con il suo amico Radu, detto ‘Anguilla’, e la sua attrazione fatale nei confronti di Miriam, ragazza che proviene dalla città e che solo apparentemente pare svincolata e libera dai cliché contadini che nutrono e opprimono il giovane.

In una temporalità circolare, la narrazione si chiude con il protagonista che, da adulto, rievoca con nostalgia e amarezza i tempi della sua gioventù, ribadendo il suo legame atavico con la terra madre, radici innervate nell’intimo di Savino, che lo alimentano e lo ancorano, con amorevole mestizia.

‘Il sentiero dei figli orfani’ è un’opera intensissima, ritmata su frequenze cadenzate e capace di avvolgere chi legge in una dimensione totalizzante. Capurso non si lascia sedurre dalla tentazione degli eccessi retorici, resta coerente con la storia, con i turbamenti del protagonista di cui espone gli accadimenti, con l’ambientazione che li accoglie. Una prosa matura, coscienziosa, coerente e che dimostra piena consapevolezza degli obiettivi che l’autore si pone, delle corde emotive che egli vuole sollecitare. Dalle scelte lessicali alla gestione dei dialoghi, dalla caratterizzazione minuziosa dei personaggi alle descrizioni degli ambienti, l’opera fa emergere l’esperienza e la sensibilità di un autore esperto ed equilibrato, forgiato da studi classici e filosofici che ne definiscono la personalità artistica e di cui possiamo cogliere ogni traccia. La sua sensibilità narrativa viene scaricata con sommessa violenza in un racconto intensamente sazio di umanità e di orgoglioso decoro.

Capurso
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