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Numero 3 Manuela Zanisi

Yoga, l’unione consapevole

Se conosci il tuo corpo sei libero di muoverti: è fondamentale la pratica consapevole dello yoga

Lo scopo di questo articolo è di mettere su carta le mie esperienze a livello posturale della pratica dello yoga, cercando di far percepire una concezione apparentemente nuova dei due termini yoga e postura.
Negli ultimi anni lo yoga si è diffuso in Occidente in maniera molto ampia, ed è stato assimilato ad una ginnastica capace di dare più elasticità e plasticità al nostro corpo. Una ginnastica quasi acrobatica che promette un corpo elastico ed una mente rilassata attraverso la pratica di posizioni, dette Asana.
Potrei scrivere decine di altre definizioni commerciali ma nessuna di esse si avvicina a ciò che lo yoga può darci.
Lo yoga non solo migliora la postura, certo, e risolve in molti casi il mal di schiena ma ci dà modo di percepirla in modo attivo e cognitivo, alle volte anche dolente. Direi, anzi, che se non ci mostrasse la dolenzia, non sarebbe yoga!
Quando i miei allievi mi chiedono se lo yoga fa passare il mal di schiena, io rispondo spesso che no, non è lo yoga, ma la pratica consapevole dello yoga che fa passare il mal di schiena, anche e soprattutto al di fuori della lezione.
Non è praticare delle Asana due volte alla settimana in uno studio di yoga, con un insegnante di yoga, ma è diventare yogin che ci fa passare il mal di schiena!
Dico il mal di schiena perché ne soffriamo un po' tutti, ma in assoluto lo yoga è una risposta incredibilmente risolutiva per i molteplici malesseri che ci derivano dal modo di vivere innaturale che caratterizza il nostro tempo.

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Ma cosa significa Yoga? Yoga è una parola sanscrita che indica il giogo, il dispositivo, concepito fin dall'antichità, per la trazione animale che, applicato alla parte anteriore del corpo di una coppia di animali da tiro, li obbliga a lavorare e a trainare, per esempio, l'aratro, insieme, con la stessa forza e lo stesso passo. In senso più ampio, yoga significa unione.
Mi piace aggiungere, alla parola unione, l'aggettivo consapevole.
Superare la dicotomia, la separazione, attraverso l'unione consapevole degli strumenti che abbiamo a disposizione per vivere la nostra vita nel migliore modo possibile. I nostri animali da tiro riuniti nel giogo yogico: il corpo e la mente.
Questo significa yoga!
Ora vorrei spiegare perché ho sentito la necessità di aggiungere alla meravigliosa parola yoga gli aggettivi anatomico ed esperienziale.
Vorrei dire che è per lo stesso motivo per cui, prima di guidare un'auto, ho frequentato, come tutti, un corso di scuola guida: per utilizzare al meglio le prestazioni della mia auto e per evitare incidenti causati dalla non conoscenza del veicolo e del suo funzionamento meccanico. Già: la non conoscenza. L'inconsapevolezza.
All'inizio della mia attività di operatrice olistica specializzata nel riequilibrio posturale, lavorando la pratica dello yoga con i miei allievi, spesso mi appariva chiara l'assoluta mancanza di conoscenza, da parte loro, dell'architettura e della meccanica del loro corpo. Così, notavo, i nostri incontri in buddha hall diventavano momenti i cui le loro menti si stressavano ulteriormente ed il loro corpo rischiava incidenti, come un'auto guidata senza aver mai frequentato un corso di scuola guida ma semplicemente cercando di imitare qualcuno che invece sa guidare, cioè io, l'insegnante di yoga.
Lo yoga così era solo mio e per i miei allievi era una ginnastica spesso difficile e dolorosa che, a volte, li portava a scegliere di abbandonarne la pratica, giudicandola non per loro. Già, questa strana idea che circola in Occidente circa la pratica dello yoga, difficile e adatto a corpi giovani e agili e soprattutto magri e in salute.
Così ho sentito l'esigenza di provare a fare delle domande circa l'anatomia del corpo umano agli allievi durante i nostri incontri.
Domande del tipo: quante sono e dove si estendono le vertebre cervicali? Oppure: dove pensi che sia e come pensi siano la forma e la dimensione del tuo diaframma? O ancora: dove sono attaccate le scapole? Risposte confuse, approssimative, errate.
Ora, mi sono detta, se non si conosce l'architettura del respiro, Pranayama può probabilmente essere eseguito per imitazione, certo. Ma se informassi i miei allievi circa l'architettura del respiro, se dessi loro la possibilità di visualizzare ed esperienziare il diaframma, i polmoni, le costole, Pranayama diventerebbe di semplice e consapevole esecuzione.
La mia volontà circa la riarmonizzazione posturale è dare a me stessa e ai miei allievi la totale consapevolezza del proprio corpo, attraverso la pratica consapevole dello yoga.
Reinformare, rimettendo in connessione i miei allievi con il peso ,la dimensione, la relazione con la forza di gravità, l'anatomia del veicolo che ci è dato in dotazione alla nostra nascita e che è lo strumento che ci consente la vita sulla Terra.
Questo mi permette di accogliere nella Buddha hall del mio studio a Lecce, allievi straordinari affetti da sclerosi a placche, da morbo di Parkinson, da scoliosi, cifosi medie, problemi di peso, di postura, di digestione, di respirazione.
Esseri umani forniti di automobili non perfette, ma ugualmente uniche e bellissime.
Insieme percorriamo un cammino che ci porta dall'esterno all'interno, dalla superficie alla profondità, dalla forma al contenuto.
Impariamo, attraverso la pratica dello yoga anatomico esperienziale, a fare la nostra conoscenza, a chiedere al nostro corpo con gentilezza la domanda più semplice: come stai?
Mi piace concludere questo mio testo, citando Therese Bertherat, ideatrice dell'Antiginnastica, che con questa frase inizia il suo primo prezioso libro: “In questo momento, nel luogo stesso dove vi trovate, c'è una casa che porta il vostro nome. Voi ne siete l'unico proprietario ma è già da molto tempo che ne avete perso le chiavi. Così ne rimanete chiusi fuori, non ne conoscete che la facciata. Voi non ci abitate. Questa casa, piena dei vostri ricordi più nascosti, più segreti, è il vostro corpo.
Il vostro corpo, questa casa in cui non abitate”.

Namastè

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