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Numero 6/2017 Walter Tramacere

L’energia pulita di Ettore Majorana

Le sue opere più importanti hanno riguardato la fisica nucleare e la meccanica quantistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini

Confesso che ho da sempre una grande passione per la fisica, sia essa “classica” che “quantistica” o “relativistica”, e sotto sotto provo l’amarezza di non aver intrapreso questi studi. Ma nella vita si sa, non tutti abbiamo il gran dono della lungimiranza.
Una sera di un anno fa circa, stavo cercando su internet lavori e bibliografia del nostro grandissimo fisico Ettore Majorana quando, ad un certo punto della ricerca, mi imbatto in un link che mi rimanda ad un giornalista, il dottor Rino Di Stefano, giornalista del quotidiano nazionale “Il Giornale” e scrittore (“Il Caso Zanfretta”, “Alcibiade”, “Soluzione Virale”, sono una parte dei libri da lui scritti).
Detto ciò, facciamo un passo indietro e torniamo ad Ettore Majorana.

Nacque a Catania il 5 agosto del 1906. Iscritto alla facoltà di ingegneria a Roma fino alla soglia dell’ultimo anno poi, in virtù del suo profondo desiderio di occuparsi di scienza pura e altresì, dietro la spinta dell’amico Emilio Segrè, decise e ottenne il passaggio a fisica dove si laureò nel 1929 sotto la direzione dell’altro grande fisico italiano Enrico Fermi, svolgendo la tesi “La teoria quantistica dei nuclei radioattivi” e ottenendo il massimo dei voti.
Operò principalmente come teorico della fisica all’interno del famoso gruppo di fisici noto come “i ragazzi di via Panisperna”. Le sue opere più importanti hanno riguardato la fisica nucleare e la meccanica quantistica, con particolari applicazioni nella teoria dei neutrini. Majorana è infatti ai più conosciuto per il famoso “neutrino di Majorana” ma in realtà la mole di lavori prodotta da quest’uomo che aveva fatto dell’umiltà il suo forte, è immensa e ancora oggi molti suoi lavori sono oggetto di studio da parte dei fisici contemporanei e altri sono stati compresi solo in questi ultimi anni.
Dal 1934, anno in cui morì il padre (Fabio Majorana) cui si dice fosse molto legato, Ettore Majorana inizia a condurre una vita più solitaria e a frequentare sempre meno il gruppo di via Panisperna che nel frattempo aveva scoperto in laboratorio le proprietà dei neutroni lenti, scoperta che dette l’avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare sperimentale e poi della successiva bomba atomica (nei laboratori nazionali di Los Alamos (USA) nell’ambito del “Progetto Manhattan” in piena seconda guerra mondiale). Come accennato, Majorana dalla morte del padre si isolò rifiutando qualsiasi contatto sociale (pare respingesse persino la corrispondenza scrivendoci sopra con forte autoironia “si respinge causa morte del destinatario”). Non si conoscono i motivi reali di questa sua chiusura verso il mondo esterno; al riguardo sono diverse le ipotesi. Sicuramente quella più battuta ma anche osteggiata da alcuni fisici spiega una sua ribellione verso un progetto di lavoro (del gruppo di via Panisperna) che avrebbe condotto alla bomba atomica e che lui non poteva accettarne tale deriva. Di certo in quel periodo di “clausura” egli studiò tantissimo anche se non si conosce bene quale fu la materia dei suoi studi o al massimo è deducibile dal contenuto di alcune sue lettere indirizzate allo zio Quirino (un fisico sperimentale) che sembrerebbe incentrarsi sullo studio della fotoconducibilità di lamine metalliche.
Poi, il 27 marzo del 1938 Ettore Majorana, in circostanze rocambolesche, scompare e qui si apre il dibattito da allora mai chiuso sulla sua possibile fine. Per alcuni, Ettore Majorana è morto suicida. Per altri si sarebbe chiuso in un convento del sud Italia e lì sarebbe vissuto in anonimato fino a morte naturale, secondo alcuni ad una novantina d’anni. Lì dentro avrebbe continuato i suoi studi.
La scomparsa del grande scienziato fu un duro colpo anche per la fisica, al punto tale che lo stesso regime fascista avviò delle indagini per appurare la fine dello scienziato o cercare di capire se vivo, dove si nascondeva. Qualcuno ebbe a dire che “sono i vivi a sparire. I morti si trovano sempre” e ciò rinvigorì l’ipotesi che Majorana fosse vivo da qualche parte. Al riguardo, oltre al convento nel sud Italia, spuntò una terza ipotesi molto battuta all’inizio che conduceva in Argentina. Tuttavia, presto apparve più verosimile l’idea che il nostro scienziato si fosse rinchiuso in un convento del sud Italia. È noto, riguardo alla sua scomparsa, anche un libro scritto da Leonardo Sciascia (“La Scomparsa di Majorana”, Milano 1997) di cui si parla tuttora anche se ha aperto un dibattito mai chiuso.

Ma ora torniamo al giornalista Rino Di Stefano. I link di cui vi parlavo sopra, sono relativi a videoconferenze tenute da questi in cui espone al pubblico i fatti incredibili che lo hanno visto protagonista (su internet potrete trovare ciò di cui vi parlo, avendo cura di vedere tali video in ordine cronologico). Un giorno nel suo ufficio, il nostro giornalista riceve un dossier e una lettera di accompagnamento da parte di una tal dei tali Fondazione con la preghiera di leggerne al più presto il contenuto. Rino Di Stefano in un primo momento sottovaluta la cosa, riservandosi di leggere il dossier a tempo debito ma dopo qualche tempo, riceve un’altra lettera da parte di questa fondazione in cui veniva sollecitato a prenderne visione. A quel punto, anche per legittima curiosità, Di Stefano inizia a leggere. Dalla lettura, viene fuori l’esistenza di una macchina incredibile, poiché incredibili sono le cose che essa sarebbe in grado di realizzare. Una macchina che può produrre quantità praticamente illimitate di energia a costo zero e soprattutto ad impatto ambientale zero (poi spiegherò brevemente come).
A questo punto il giornalista si accanisce nella lettura del dossier e fa una scoperta sensazionale: questa fantastica macchina sarebbe stata progettata nientepopodimeno che dal grande fisico italiano Ettore Majorana. Sì, proprio lui! Progettata negli anni postumi alla sua scomparsa (questo dunque potenzia la tesi che Majorana dopo il ’38 era vivo e vegeto!) e materialmente realizzata una quindicina di anni dopo (intorno al ’50).
Stando a ciò che riporta la documentazione, il suo realizzatore materiale sarebbe stato un certo Rolando Pelizza (esistono anche di lui, nonostante personaggio schivo, video su YouTube) che conobbe Majorana nel convento (di cui ovviamente Pelizza non darà mai particolari), divennero amici e una volta che Majorana ebbe intuito le grandi doti intellettive del giovane amico, iniziò la collaborazione, quasi mai interrotta. Una collaborazione tecnico-scientifica ma anche di rispettosa amicizia e soprattutto di cieca fiducia da ambo le parti. A lui Majorana comunicava per via epistolare come il lavoro, per la realizzazione della macchina doveva essere eseguito e spesso fa tenerezza come lo scienziato solleciti l’amico Pelizza a prestare attenzione in certe delicate fasi della realizzazione della macchina data la pericolosità insita. Sulla mole di questa corrispondenza fra Majorana e il Pelizza sono state effettuate perizie calligrafiche ben documentate che hanno dato come riscontro finale che la calligrafia degli scritti era quella di Ettore Majorana senza alcun dubbio! Perizia calligrafica, date e tante altre cose che potrete vedere voi stessi nei video testimoniali, sono assolutamente coerenti.
La storia, credetemi (e lo vedrà chi come me, si dovesse appassionare al caso), è lunga e non è facile per niente fare una sintesi come io sto tentando di fare qui; c’è il timore di tralasciare argomenti importanti nella cronologia degli eventi. Tornando alla sedicente Fondazione, essa non era in possesso della macchina.
Comunque il giornalista Di Stefano riesce per vie traverse a contattare e poi a vedere di persona Rolando Pelizza a cui comunica i fatti e come egli era venuto a conoscenza di questa incredibile vicenda partendo dal dossier della Fondazione. Dopo il racconto, Pelizza agisce legalmente contro la Fondazione che si dissolverà come neve al sole. Una volta sistemata essa, Pelizza inizia a raccontare al giornalista tutta la storia che in parte fin qui vi ho raccontato e poi aggiunge che questa macchina era stata attenzionata da diversi Stati, in primis attraverso il governo italiano di allora (ci sarebbero le firme del ministro Piccoli, anche di Andreotti), poi il governo belga e infine quello americano. Al riguardo, gli Stati Uniti furono molto insistenti. Volevano acquistare la macchina, imparare ad usarla ma soprattutto volevano trasformarla in macchina bellica date le potenzialità distruttive. Naturalmente ciò inorridì il suo costruttore e il suo ideatore che rifiutarono ogni possibile trattativa.
Non tardò la risposta del governo italiano che sequestrò la macchina. La macchina fu realizzata tantissime volte ed altrettante volte fu poi sequestrata da gente dei servizi perché “ritenuta pericolosa”. C’è anche da dire che non sempre la macchina una volta realizzata, funzionava. Inoltre per la sua realizzazione occorrevano ingenti somme.
Questi i fatti per sommi capi e sintetizzati a dovere. Ma sapete come fare per chi volesse approfondire: bastano google e YouTube.

Torniamo ai giorni nostri. Sabato 1 luglio, Rino Di Stefano pubblica sul suo profilo facebook “Il mistero Pelizza-Majorana svelato al mondo accademico in un congresso scientifico internazionale in California” (avvenuto in giugno scorso) attraverso il saggio divulgativo in italiano e inglese “La Macchina – Il ponte tra la scienza e l’Oltre” a cura dell’ingegnere e docente universitario Franco Alessandrini e Roberta Rio, storica austriaca. Qui si spiega che “la mente illuminata di Ettore Majorana, dal silenzio di un convento ha prodotto una nuova macchina e una nuova fisica”, “una fisica del terzo millennio, che richiederà un percorso di graduale presa di coscienza e di cambiamenti degli atteggiamenti umani”.
“Le conoscenze principali di Majorana sono riconducibili alla Teoria Generale degli Esponenti in cui si percepisce che tutte le leggi della natura sono simmetriche rispetto ai due versi del tempo e che tutti i fenomeni dell’universo sono costituiti da onde sferiche le quali, per detta simmetria, possono essere non solo divergenti - fenomeni entropici - come quelle comunemente osservate, ma anche convergenti - fenomeni sintropici. In pratica si riconosce che il mondo non funziona solamente in maniera entropica (con accrescimento del disordine come asserito dal secondo principio della termodinamica) ma anche in maniera sintropica, ovvero con accrescimento dell’ordine. La sintropia viene introdotta non come ipotesi arbitraria ma come conseguenza logica necessaria alla struttura quantistica (meccanica quantistica) e relativistica (relatività Einsteiniana) dell’universo. A valle di questo, casualità e finalità vengono portate sullo stesso piano logico, come sono due le soluzioni di un’equazione di secondo grado.” Purtroppo contingenze di spazio dell’articolo mi costringono a chiudere qui queste speculazioni teoriche (chi fosse interessato, cerchi: http://www.rinodistefano.com/docs/Articolo-la-fisica-del-terzo-millennio.pdf).

Quanto alle potenzialità di questa straordinaria macchina ve le sintetizzo qui in quattro punti:
1) Annichilazione controllata della materia: nella macchina, dalla materia viene prodotto un fascio di positroni (anti-elettroni) che grazie ad una sospensione magnetica non toccano ovviamente le pareti stesse della macchina e che diretti su elettroni della materia target, portano all’annichilamento di essa con liberazione di enormi ma controllate quantità di energia. Pensiamo alle tonnellate di immondizia che potremmo far “sparire” producendo al contempo energia.
2) La macchina sarebbe in grado rallentare lo spin delle particelle della materia in esame. Questo cederebbe al sistema grandi quantità, praticamente illimitate di calore che si potrebbe utilizzare per il riscaldamento invernale senza dover dipendere dalle energie fossili.
3) La macchina di Majorana sarebbe in grado di portare alla trasmutazione della materia. In degli esperimenti Pelizza avrebbe ottenuto dell’oro partendo altro tipo di materia.
4) La macchina infine sarebbe in grado far muovere particelle in altre dimensioni e nel tempo (oggi si sa che le dimensioni dello spazio sono ben undici! 10 spaziali e una temporale e di queste, 7 sono “arrotolate” dunque non visibili e 4, quelle conosciute, larghezza, lunghezza, altezza e tempo, lo sono perché “distese”).

La storia di questa macchina ha diviso. La cosa più ovvia è forse non crederci o restare prudentemente in posizione di attesa ma c’è anche chi forte di studi di fisica teorica e di teorie delle stringhe (una teoria che ha messo pace fra la meccanica quantistica e la relatività), guarda con occhio attento agli sviluppi di questa singolare vicenda. Al riguardo il fisico Recami, dice che: “La storia della macchina mi lascia un pò perplesso ma che tuttavia avendo conosciuto le potenzialità intellettive di Ettore Majorana, non me la sento di dire che la storia non sia credibile a priori”.

Ma poi, a pensarci bene, perché mai Rolando Pelizza si sarebbe dovuto spingere fino a tanto? Perché mai avrebbe dovuto sacrificare tutta una sua vita appresso alla realizzazione di questa macchina? Perché mai non ha accettato di venderla ai governi che l’avevano richiesta dopo aver visto tramite loro ispettori lo straordinario funzionamento di essa nel realizzare i primi tre punti suddetti? (Nei video, la si può vedere in azione!).
Vale la pena di citare altri volti del giornalismo che ci hanno messo la faccia in questa storia insieme al giornalista Di Stefano, come Paolo Mieli e lo stesso Antonio Caprarica.
Io sono fiducioso: troppi indizi combaciano.

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