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Numero 6/2017 Marco Renna

Il rapporto tra letteratura e sociologia

Sono diverse le ragioni che permettono di asserire l’idea dell'importanza della narrativa per il mondo del sociologo.

Per un'analisi del rapporto tra letteratura e sociologia, penso sia utile fare riferimento al contributo fornito dal sociologo Mariano Longo con le tesi esposte nel suo saggio Il sociologo e i racconti, che, in ultima analisi, hanno tutte in comune l'idea di fondo secondo la quale la sociologia abbia bisogno delle narrazioni. Per narrazioni, in questa sede, intendiamo tanto quelle personali, quotidiane, orali, quanto quelle letterarie. Tutte queste consentono una via d'accesso all’esperienza e al punto di vista dell'attore sociale e alle motivazioni del suo agire.
L’attenzione di Longo, in particolare, è rivolta all'analisi del contributo che, nello specifico, le narrazioni letterarie possono fornire all'analisi e all'intuizione sociologica. Come afferma l’autore del sopra citato saggio, accade spesso che vengano ipotizzati i limiti e le possibilità del contributo che esse possano apportare alla sociologia, mentre solo raramente viene affrontato il problema di come il sociologo possa tradurre i racconti in riflessione sociologica. (Longo, 2012).

Sono diverse le ragioni che permettono di asserire l’idea dell'importanza della narrativa per il mondo del sociologo.
Innanzitutto, è da rilevare che oggi la società è fondata sul senso e sulla comunicazione, elementi che sono preminenti in letteratura. Una seconda ragione deriva dal superamento che è avvenuto, nel mondo delle scienze sociali, della netta distinzione tra metodologia quantitativa e qualitativa, che ha fatto sì che il racconto appaia come una legittima forma di conoscenza, contribuendo anche a sviluppare nuove metodologie più attente alla centralità del soggetto narrante. Queste tesi non vogliono suggerire l'idea di una sociologia come grande narrazione, piuttosto manifestano la convinzione che “si possa partire dal racconto per ricostruire sociologicamente ciò che avviene nel concreto delle dinamiche sociali”.

Il legame narrazione-sociologia va indagato anche dal punto di vista storico, dato che molti sociologi, ormai lontani dal nostro tempo, hanno mostrato interesse per la letteratura come fonte, come nei casi di alcuni esponenti della “Scuola di Chicago” (Park, Burgess, Znaniecki e altri, attivi negli anni '20 e '30 dello scorso secolo).
Tra le intenzioni di questi autori non vi era quella di servirsi della letteratura come oggetto di studio, bensì di avvalersene come stimolo per l'immaginazione sociologica e teorica della disciplina. Robert Park e Ernest Burgess pubblicarono nel 1921 Introduction to the Science of Sociology, per la University of Chicago Press.
Questo testo rappresentò un tentativo di introduzione alla disciplina della sociologia molto diversa da quella proposta dai manuali cui siamo abituati, dato che, accanto a capitoli dedicati a concetti classici della disciplina, come ad esempio quello sul controllo sociale, sul conflitto e così via, nel manuale se ne trovano altri decisamente più insoliti, come quelli intitolati Isolation o Accomodation, per citare solo un paio di esempi. In questo loro libro venne inoltre presentata un’importante tesi molto disvelatrice della loro concezione circa le potenzialità dell'uso della letteratura in sociologia, ovvero quella secondo la quale i poeti e gli artisti classici, con la loro capacità di comprendere la natura umana, in un certo senso siano stati i precursori del lavoro di studio sull'uomo che sarebbe stato poi condotto da sociologi e psicologi.
Per portare avanti questa argomentazione citano The experimental Novel di Émile Zola, un lavoro teorico del grande scrittore francese che presenta i caratteri del romanzo naturalistico, ovvero quello in cui non si inventano personaggi e situazioni, o meglio, lo fa solo in parte, perché poi questi ultimi vivono di una vita indipendente, percorrendo processi di sviluppo regolati dalle leggi universali dell'agire umano. Quindi, è per questo che, secondo Zola, il romanzo naturalistico può fornire una conoscenza fondata dell'individuo e del suo contesto.

Park e Burgess illustrano queste tesi soprattutto per asserire che la capacità della scrittura di ricostruire caratteri e contesti è una capacità di cui il sociologo deve tener conto, ricordando però che il romanzo nutre disinteresse per la generalizzazione delle conoscenze, discostandosi in questo dalle esigenze più scientifiche della sociologia.

Un altro autore della Scuola di Chicago, che tra le altre materie, affronterà l'argomento dell'uso della letteratura in sociologia, è Floren Znaniecki, attivo anche lui nei primi decenni del novecento come Park e Burgess. Rispetto alle due posizioni antitetiche affermatesi fino allora in sociologia rispetto all'utilizzo della letteratura, ovvero quella razionalista che lo rifiutava categoricamente, e l'altra che riteneva che ci si dovesse basare, nell'analisi sociologica, sull'esperienza diretta e di conseguenza anche sull'intuizione del letterato, Znaniecki assume una posizione di rifiuto di entrambe. Per l'autore, il limite della rappresentatività delle seppur brillanti intuizioni di certa letteratura, risiede nell'incapacità e disinteresse dello scrittore di fornire spiegazione di come poter estendere caratteristiche dei personaggi, situazioni e contesti all'insieme più ampio di una società. Il punto di forza invece risiederebbe nella possibilità di utilizzare la letteratura come base intuitiva per il lavoro sociologico o anche come punto di vista laterale per far emergere nuove problematiche.

Un altro aspetto da considerare, è dato dal potenziale di detecnicizzazione della disciplina sociologica attraverso il ricorso alla narrativa, come nelle tesi di Robert Nisbet, secondo le quali la sociologia possa essere considerata una forma d'arte in quanto intuizione del mondo teoricamente avvertita. Il teorico ci ricorda come i sociologi classici abbiano fornito una grande narrazione della modernità non attraverso processi induttivi che partono dal dato empirico tecnicamente ineccepibile, ma grazie l'intuizione teorica del mondo.

Infine, bisogna menzionare anche l'uso della narrativa per fini didattici della sociologia. Il primo a proporre questo nuovo strumento fu Lewis A. Coser, che nel suo Sociology through Literature del 1963 affermò la capacità della letteratura di rappresentare la realtà sociale, i costumi, i tipi, le relazioni ecc.


COSER, L. A., (1963), Sociology through Literature. An introductory, Reader, Englewood Cliff (Nj), Prentice Hall.
LONGO, M., (2012), Il sociologo e i racconti, Roma, Carocci editore.
PARK, R., E., BURGESS, E., W., (1921), Introduction to the science of Sociology, Chicago, University of Chicago Press.

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