Spazio X

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Numero 5/2017 Maria Carrassi

Chi siamo? Noi e le nostre paure

Noi viviamo di sogni che non sempre si realizzano e i sogni ci fanno compagnia anche di notte, ma anche questi possono svanire...

Dario si girò di scatto, aveva visto scivolare lungo il muro un’ombra e ne era rimasto impressionato. Al ripetersi del fatto, fu spontaneo chiedere «Chi sei? Perché sei qui?».
Dario per sua natura aveva sempre cercato il senso di ogni cosa che gli era accaduta… per cui la sua mente si mise subito in azione. Trovare il senso di quello che stava vivendo era ora la sua priorità.
Si era appena alzato, era ancora assonnato e, davanti alla sua tazza di caffè, si sentiva osservato. Nel girare la testa ebbe l’impressione che qualcosa si muovesse dietro di lui. Si spaventò ma risolutamente si alzò dalla sedia, si avvicinò al muro e gridò: «Vedi che non c’è nessuno?». Quasi a voler convincere se stesso.
Sentiva il bisogno di reagire.
Guardò fuori dalla finestra, pioveva.
Noncurante prese il cappotto ed uscì.
Camminava sotto la pioggia e pensava, cercava di capire quello che gli stava accadendo: voleva inquadrare il problema, come aveva sempre fatto, ma sentiva che questa volta l’avversario era molto più forte di lui… un avversario difficile da battere… un avversario invisibile.
Dario non credeva ai fenomeni paranormali, era inconcepibile per lui che delle Entità si manifestassero, così con estrema convinzione si disse: «Èilmio inconscio che mi sta facendo un brutto scherzo, le mie paure tornano ad aggredirmi, le mie paure, l’avversario più temibile che potessi incontrare».
Il sole fece capolino tra le nuvole, come se volesse assecondarlo e gli sorrideva mentre lui, ancora col pigiama sotto il cappotto, si rese conto che la vita lo stava portando verso la consapevolezza di chi era.
Quell’ombra sul muro gli tornò in mente, «ecco» si disse «sono io, quello è il mio alter ego. Cosa vorrà dirmi? Cosa vorrà da me?».
Si guardò intorno. Non c’era nessuno, solo qualche fanale rimasto acceso. Guardò l’orologio, erano appena le 6 del mattino, si disse che ciò che gli stava accadendo veniva da lui stesso, che le sue paure, quelle paure che erano rimaste impresse nella sua anima e che ogni tanto ritornavano a tormentarlo.
Lentamente riprese la strada di casa. La porta di casa era aperta, aveva dimenticato di chiuderla oppure?!? Si fermò un attimo perplesso, lentamente si accostò all’uscio e sbirciò nel caso ci fossero visite, ma tutto era come l’aveva lasciato, col suo disordine, con la sua tazza di caffè ancora sul tavolo.
Appena entrato si accostò a quel muro che l’aveva spaventato, ora lo guardava sorridendo, forse inconsciamente lo voleva ringraziare perché lo stava aiutando a comprendere chi era. Si accasciò sulla poltrona e si addormentò.
Un allegro vociare lo riportò alla realtà, i bimbi della casa accanto giocavano col pallone che era finito nel suo giardino ed ora cercavano di entrare per riprenderlo.
Uscì fuori sorridente, non burbero come aveva fatto le altre volte, non li aggredì e i ragazzi lo guardarono stupiti, in lui c’era una luce nuova, soprattutto una diversa disponibilità verso di loro. Si compiacque di sé. I ragazzi, contenti per quel suo comportamento lo invitarono a giocare con loro e Dario accettò di buon grado. Si apriva per lui un nuovo modo di vivere, nel suo cuore c’era la convinzione che qualcosa stava cambiando in meglio. Poiché il caso non esiste la sera alla televisione mandavano un film di guerra.
Dario guardava lo schermo con raccapriccio, troppi ricordi vissuti durante la guerra tornarono a tormentarlo: le ansie, le paure, le lacrime dei compagni nascosti in trincea, erano semplici uomini che si trovavano ad affrontare una realtà che nessuno avrebbe voluto vivere. Una realtà che sarebbe rimasta impressa in ciascuno di loro e che li avrebbe condizionati per il resto della loro vita. Le immagini cruente sotto ai suoi occhi di bambini dilaniati dalle bombe, o fatti esplodere, del suo miglior amico divorato dai vermi… «Basta, smettila hai capito?» si disse con risolutezza «Non tornare indietro… smettila di pensare a queste cose».
Con un grande sforzo spostò la sua attenzione su una grande pista dove si rincorrevano le macchinine della giostra, ecco ora era tornato bambino, il papà e la mamma che lo avevano accompagnato gli sorridevano e lui ogni volta che gli passava vicino sorrideva e li salutava con la manina.
Davanti ai suoi occhi ora quelle belle immagini scorrevano velocemente, e lui si rivedeva piccolo e felice, lui che dopo ogni giro di giostra correva felice ad abbracciare la mamma ed il papà. «Ecco» si disse «questo dovrebbero vivere tutti i bambini del mondo, altro che guerre, sangue, dolore, strazio».
Di colpo ritornò il nero in lui, il telefono squillava ma lui sembrava non sentirlo, non gli importava chi fosse, pensava all’allegria dei bambini accanto, quando gli avevano chiesto di giocare con loro, ed era contento di averlo fatto, perché aveva capito che le cose che contano nella vita sono le più semplici, appartengono alla quotidianità, e avvertì anche che quella sensazione di vuoto che lo aveva accompagnato da anni si stava dileguando per far posto a qualcosa che lo rendeva felice.
Eppure che cosa aveva fatto per modificare il suo modo di guardare alla vita?
Non aveva fatto nulla di particolare, tutto era accaduto così all’improvviso, era giunta una nuova consapevolezza come se il cielo si fosse squarciato per mostrargli l’essenza vera delle cose.
Ora non si sentiva più impotente, nasceva in lui la convinzione di poter migliorare se stesso. «Non ci sarà più il vuoto in me, si disse convinto «in fondo basta guardare il bicchiere mezzo pieno».
E pensò a quante volte aveva sorriso nel sentire quella frase, che considerava una cosa non facile da mettere in pratica. Sorrise, mentre pensava: «come si può cambiare e senza aver cercato niente. È proprio vero che la vita è come una stazione ferroviaria. Quando si intraprende il viaggio, ci si ferma a varie stazioni, nuove persone, nuovi incontri, nuove prospettive che entrano nella vita e ti aiutano a vedere meglio».
Si accorse che non aveva più paura di affrontare le sue paure, ma il bello era che non ricordava neanche più di cosa per anni aveva avuto paura.
Aveva vissuto sempre nel timore di qualcosa di inconoscibile che potesse sopraffarlo, una forza sconosciuta, misteriosa, contro cui non potesse combattere ed ora invece prendeva coscienza di essere un uomo sicuro di sé e di quello che voleva. Ma cosa voleva?
Stanco di pensare Dario posò la testa sul cuscino. Un leggero venticello entrava dalla finestra, la sua vita era entrata in un gioco nuovo, sconosciuto fino a quel momento. L’ultima paura gli aveva svelato il volto di chi era veramente.
Dario si rendeva conto che certe cose fanno parte del gioco della vita e capiva che alcune non puoi controllarle: più cerchi di guidare, di possedere, di deridere certe realtà e più loro ti remano contro. L’amore, l’attaccamento, la gioia di un attimo esistono proprio perché esiste la forma, il numero, il comprensibile. Noi viviamo di sogni che non sempre si realizzano e i sogni ci fanno compagnia anche di notte, ma anche questi possono svanire, così se tu eri in procinto di volare ma un forte vento ti fa precipitare, o tu sognavi di essere in compagnia di amici con i quali ridevi e scherzavi ma arriva qualcuno che fa scappare tutti, ecco che il sogno diventa incubo, ti sveglia di colpo e ti lascia perplesso e sudato.
Questa è la vita, questi momenti, questi pezzi di vita sono parti di un Tutto, al quale apparteniamo, vivere in consapevolezza è l’unica cosa che ci può aiutare.

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