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Numero 4 Anna Leo

Lotta allo spreco alimentare

In un’epoca in cui una larga fetta della popolazione mondiale stenta a sfamarsi regolarmente, si fa sempre più largo nell’opinione pubblica il desiderio di limitare gli sprechi alimentari

Nascono sempre più iniziative importanti di sensibilizzazione come le giornate nazionali europee e mondiali per la lotta allo spreco, che negli ultimi anni ha assunto proporzioni abnormi, tanto è vero che se ne valuta la consistenza in termini di svariati milioni di tonnellate.

A livello mondiale, secondo uno studio basato sui dati della FAO, un terzo del cibo prodotto viene sprecato per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate, una quantità tale da essere più che sufficiente per sfamare le popolazioni che ancora soffrono e muoiono di fame cronica. Tale gigantesco ammontare di sprechi alimentari può essere attribuito per 670 milioni di tonnellate ai paesi industrializzati e per 630 milioni di tonnellate a quelli in via di sviluppo.

Ogni anno, per produrre il cibo che non verrà poi consumato, si consuma un immenso volume d’acqua, si utilizzano miliardi di ettari di terreno e vengono rilasciati nell’atmosfera miliardi di tonnellate di gas serra. Questo rappresenta dunque, anche una grave minaccia ambientale per quanto riguarda lo smaltimento ad esso correlato. Ogni giorno i bidoni della spazzatura si riempiono di ogni sorta di alimento nella noncuranza generale, andando ad aggravare il già pesante bilancio morale della nostra opulenta società.

In Italia gli sprechi alimentari ammontano ad un valore stimato di 12,5 miliardi, con responsabilità così suddivise: il 54%viene sprecato dai consumatori finali, il 21% della ristorazione, il 15% dalla distribuzione commerciale, l’8% dall’agricoltura e il restante 2% in fase di trasformazione.
Noi, consumatori finali siamo dunque i principali responsabili, perché compriamo sempre troppo cibo, ossessionati dal desiderio di avere in casa ogni sorta di ingrediente, come se dovessimo poter allestire in ogni momento, e senza preavviso, un pantagruelico banchetto. Forti delle enormi potenzialità dei frigoriferi super tecnologici di ultima generazione li riempiamo di ogni ben di dio, “tanto nulla andrà sprecato” diciamo a noi stessi, mentendo spudoratamente. Infatti lo spreco ci sarà, eccome se ci sarà, mimetizzato brillantemente in piccole silenziose scuse, una buona parte andrà a finire nella spazzatura. All’enorme spreco generato nelle famiglie, va poi aggiunto quello altrettanto imponente prodotto dalla catena di distribuzione alimentare e dalla ristorazione.
Ci si potrebbe domandare come mai esso avvenga, dal momento che questi colossi sono ben organizzati con sofisticati programmi informatici a non limitare gli sprechi e rendere redditizia al massimo l’attività di impresa. Il motivo fondamentale è la necessità avvertita dalle industrie alimentari, ipermercati in primis, a mettere a disposizione del consumatore un assortimento sempre più vasto di prodotti. Il consumatore vuole poter scegliere il più possibile, vuole essere coccolato, vuole sentirsi trattato come un re quando fa la spesa.
Di certo, è poco probabile che qualcuno compri alcuni prodotti, ma la direzione ne garantisce la presenza sugli scaffali, anche a costo di buttarne un intera partita, pur di far credere ai clienti di avere il privilegio di poter soddisfare ogni loro desiderio.
Questo subdolo meccanismo psicologico porta il consumatore a riempire il carrello di roba che neanche a volte conosce, depositandola in dispensa fino alla scadenza, quando poi avariata sarà costretto a buttarla nella spazzatura, si renderà conto di quanto fosse stato inutile l’acquisto.

La Francia nel 2016 è stato il primo paese al mondo ad essersi ufficialmente dotato di una legge contro lo spreco, un progetto che impedisce alle grandi catene alimentari di buttare il cibo invenduto.
La norma si rivolge ai supermercati di grandi dimensioni e li obbliga a stipulare con le associazioni caritatevoli accordi per conferire loro, nel modo più consono, il cibo prossimo alla scadenza, oppure trasformarlo in mangime per gli animali o nella peggiore delle ipotesi in compost. Il mancato rispetto di questi protocolli può costare sino a 75 mila euro di multa o perfino due anni di reclusione.

Anche L’Italia si è dotata di una legge che agevola la donazioni degli alimenti in eccesso, con snellimento delle pratiche burocratiche e relative agevolazioni fiscali. Speriamo che ciò accada concretamente in tutti i paesi dell’unione europea.
Siamo ormai tutti consapevoli che il sistema Terra non può sopportare ulteriori sprechi che si trasformano in imperdonabili danni.

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