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Numero 4 Paola Torsello

Prima giornata nazionale della Psicologia

L'appuntamento del 10 ottobre è diventato un'occasione per riflettere su questa professione e per recuperare soprattutto i valori e l'energia della storia

A molti ma non per tutti, please.
Cari psicologi e psicoterapeuti, vi scrivo perché oggi è la vostra giornata, voluta fortemente dal Cnop a cui appartenete. Apprendo che avete scelto la stessa data della giornata della Salute Mentale, evento da anni contraddistinto in prima linea dalla psichiatria. Mi fa piacere che la psicologia abbia deciso di manifestarsi all'Italia e ai non addetti ai lavori proprio oggi, augurando e, augurandoci, uno sguardo più ampio fatto non solo di medicalizzazione e di farmaci. Vi scrivo perché ultimamente ce la stiamo passando un po' male: ogni giorno c'è una notizia cattiva, la politica manco a parlarne, la gente si rifugia su facebook, la tv rimanda scene inguardabili dove fiction e verità hanno in comune l'irrealtà e, ahimé, come ben sapete, qualcuno arriva perfino a farla finita.
E già, non c'è lavoro, le scuole e le università sono costantemente sottratte della loro funzione, i vertici ogni giorno compiono un lavoro di confusione di massa e la sanità sopravvive alimentando intrecci e multinazionali, aumentando ricoveri e intensificando pratiche preistoriche.
Ora non voglio dire che di questo marasma dovreste farvene carico voi, ma io credo che certe professioni, potrebbero sicuramente contribuire, aiutarci e aiutarsi.
Non parlo di terapie naturalmente, queste già ci sono e pure tante e di tanti differenti orientamenti, anche se in molti continuano a confondere una visita psichiatrica con una psicoterapia; terapie pubbliche, dove le persone prima di entrare in una istituzione incrociano le dita e terapie private, dedicate solo a chi può permettersele.
Io invece parlo di azioni cittadine, in-formative, culturali; parlo di uno sguardo più ampio e coerente con sé e con il territorio; parlo di chiarezze, avvicinamenti umani, occasioni di crescita fruibili e circolari, dove i giovani e le persone possano approdare naturalmente, e non mi riferisco solo alla psicologia.
Ma dov’è finito quel movimento esistenziale e politico assai vicino ad una certa deontologia? Me lo ricordo o me lo immaginavo? Eppure conosco alcuni vostri colleghi che confermano ciò che in tanti dichiarano impossibile. Comunque, una cosa tra le tante che mi rimanda uno strano senso di sconfitta, è quando mi ritrovo con alcuni giovani psicologi (non tutti per fortuna) a spiegare che cosa è la 180, chi è Basaglia, in che cosa consiste un Tso, l'istituzionalizzazione, il patriarcato. E se fossi io a sbagliarmi, come mai sempre più spesso pazienti in primis e operatori poi, raccontano che nelle Istituzioni avete mollato la presa e nei vostri studi siete economicamente irraggiungibili?
Io ignoro in che modo operino gli Ordini Nazionali e gli apparati istituzionali che vi rappresentano, ma siamo in tanti a chiederci perché, nonostante le liste d'attesa siano interminabili, siete sempre così pochi, ed in particolare qui a Lecce, quando andate in pensione non venite manco più sostituiti. Forse ciò avviene solo in un territorio come questo?
Dove su 100mila abitanti (marine comprese), siete rimasti in due e spesso, vostro malgrado, finite per fare 'da spalla' ad una serie di attività mediche e sociali che probabilmente non avreste mai aspirato di fare?
Magari in altre città va molto molto meglio. E perché un Centro di Salute Mentale è solo un Centro Psichiatrico? "Centro" non significa equipe? Ed equipe non implica sinergia? Certo sì, voci di corridoio qualche cosa me la spiegano, ma non credo possa bastare per fermare la passione, la volontà, le abilità acquisite, proprio da parte di chi poi, per mestiere, dovrebbe aiutare i rispettivi pazienti a ritrovare e a nutrire queste stesse risorse.
Sicuramente erano altri tempi quando avete lottato per affermare la vostra professione contro gli psichiatri che non volevano riconoscervi. Culturalmente parlando so benissimo che cosa è avvenuto, ma so altrettanto che ognuno di noi si porta dietro le scelte che fa e so anche che quando una cosa si sente fortemente una strada si trova.
Ma forse sono io ad essere un po' troppo romantica e se mi sforzo riesco pure a comprendere il diritto di pensare alla propria esistenza e basta. Ma per quanto la giri e per quanto la rivolti... non riesco a capire come certe professioni che dovrebbero rispecchiarsi in uno stile di vita (e viceversa), si siano potute dissociare da tutto un mondo intorno come fossero uno scrigno...
Comunque, oggi è la vostra giornata, e io da umile cittadina ho deciso di scrivervi... un po' come quando si scrive a Babbo Natale nei giorni di festa e poi chi si è visto si è visto.
Di lavoro faccio la counsellor (alias 'apriti cielo' per molti di voi ma non per tutti) e posseggo informazioni e teorie molto chiare sui criteri della mia professione creativa, ed è proprio per questo che mi rivolgo a voi.
Lavoro in un Centro di Salute Mentale da 25 anni, precaria ovviamente e, finalmente, grazie a Renzi tutto questo molto presto probabilmente avrà una fine; precaria, perché fin quando ben-essere farà binomio solo con sanità, la mia è una posizione come dire, inopportuna? Molto meglio per tutti i tecnici della Riabilitazione Psichiatrica.
Che ce ne dobbiamo fare in fondo dell'arte dell'espressività, della creatività di tutte quelle discipline olistiche della cultura del contatto umano della conversazione, per dare un senso al termine ben-essere?
Ma voi altri però perché non riprendete a parlarci di filosofia, di umanità, di spiritualità?
I test a cui ci sottoponete lasciateli ai medici, ai tecnici, ai laboratori analisi. Sapete benissimo che ognuno di noi ha una storia e che siamo attraversati da mille disavventure. Preferiamo raccontarvi la nostra vita, essere ascoltati.
Quando entrate nelle scuole, nei licei, negli asili - anche se sono passati tanti anni e quand'eravamo bambini l'ADHD non era ancora stata inventata - non dimenticate com'eravamo noi a quell'età: le liti e i pianti per un nonnulla, la smania dirompente per uscire a giocare, le ginocchia massacrate, la matematica che annebbiava gli occhi, il latino da odiare, e ricordate quando non si riusciva mai a stare fermi? L'argento vivo addosso si diceva.
Carissimi psicologi e psicoterapeuti, non discutete solo di psicologia tra di voi, cercate di fare meno congressi, uscite più spesso, usate quel tempo recuperato per praticare la nostra città, quei luoghi e quegli spazi accessibili a chiunque, fatelo please...
Venite a parlare anche con noi, usate un linguaggio comune, istituite la Relazione.
Quando noi vi cerchiamo per il primo appuntamento siamo già sull'orlo della disperazione. E giacché siamo in tema non chiedeteci tutti quei soldi per tutti quegli anni che diamine! Che noi soldi ne teniamo pochi e poi da voi non possiamo venire e finisce che aiutate sempre gli stessi e molti di noi non sapendo che fare finiscono 'allu Cim'...
E se proprio non potete diversamente, che giustamente la professione va pagata, che c'avete il figliolo in America da mantenere, chiedete qualche denaro agli sponsor di quei congressi che non farete più e organizzate un bel progetto popolare.
Entrate nelle librerie, nei centri sociali, nelle associazioni, alleatevi con i sociologi, i professori universitari, gli storici, i filosofi, i creativi. Dimostrateci che siete sempre quelle persone fiere e gentili che vediamo nei film.
Cari psicologi e psicoterapeuti, a molti e non per tutti, dimostrateci che quella libertà di cui parliamo in studio esiste, lasciateci sperimentare ciò che abbiamo conquistato grazie a voi e a noi; quando ve lo chiediamo, fateci affacciare alla vita, non tratteneteci; noi non abbiamo bisogno di spostare l'oggetto della dipendenza, ma di essere indipendenti. Se ci mancate, state tranquilli che vi verremo a cercare.

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