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Numero 4/2017 Stefania Ricchiuto

I santuari degli animali liberi. Luoghi in cui gli animali da reddito recuperano la libertà, la dignità e il diritto alla vita

Ci sono dei luoghi vivi di coraggio e speciali negli intenti

Ci sono dei luoghi vivi di coraggio e speciali negli intenti. Tra le foglie sparse e le staccionate di legno, custodiscono l'aria buona di campagna e un sentire umano davvero universale. Qui si tutela ogni palpito, ogni respiro, ogni battito, mentre le differenze imposte dagli stili globali del consumo sono rifiutate in quanto naturalmente incomprensibili. Presidi permanenti dell'energia cosmica, sono oasi a difesa del creato che propongono la pratica di un'ecologia elevata alla terra: spirituale, nel concreto dei suoi valori; ascetica, nel distacco dalle concezioni comuni del mondo; mistica, per la connessione amorevole con i fiori, le nuvole, i sassi. Baluardi di una religiosità profondamente terrena, edificano templi di alberi e cielo per venerare la sacralità di ogni forma di vita, accolta sempre come un messaggio di luce, un miracolo che sorride, una benedizione che conferma la straordinarietà commovente di tutte le creature. Sono i Santuari degli Animali Liberi, veri e propri rifugi per animali da reddito sottratti allo sfruttamento e restituiti al gusto della libertà, libertà che coincide con il recupero della dignità di esistere, e con l'amore di persone capaci di orientare il proprio impegno quotidiano verso obiettivi complessi ma carichi di gioia.

In Italia la geografia di questi luoghi è ridotta al minimo pensabile con appena una ventina di Santuari attivi, anche se per il momento sul sito www.animaliliberi.org ne sono indicati addirittura solo sette, sparsi tra la Lombardia, il Piemonte e la Toscana, curati da contesti privati e associazioni rigorosamente non profit, ma con nomi felici che dichiarano una missione piuttosto determinata: Fattoria Capre e Cavoli, Palle di Lana, Porcikomodi, Ippoasi, La Belle Verte, Be Happy, Rifugio Miletta. Paradisi di accoglienza per tutti gli esseri che, in origine nati selvatici, nel tempo sono stati trasformati dall'uomo in risorse redditizie addomesticate e sottomesse: cavalli, mucche, maiali, pecore, galline, salvati da lavori sfiancanti, da condizioni di non-vita inaccettabili, da facili condanne a morte per inutilità produttiva. Paradisi di libertà recuperata che sono però anche degli inferni di responsabilità, non certo per gli obiettivi, nobili e desiderati dal profondo del cuore, ma per le infinite necessità richieste da una cura autentica e rispettosa dell'altro: la gestione di strutture con finalità così pure è senza dubbio dispendiosa, dal punti di vista economico ma anche in termini di tempo ed energie, soprattutto se le attenzioni sono destinate ad animali di grandi dimensioni, con problematiche di salute, o in condizioni di sofferenza.

Le spese mediche, le quantità alimentari occorrenti, gli aspetti igienico-sanitari, sono tutti coperti da un'auto-gestione consapevole, che ben conosce l'entità delle spese fisse mensili richieste: ogni tanto vi è il sollievo di una raccolta fondi, di donazioni provvidenziali, di un volontariato solerte, ma la presenza degli animali salvati è una costante che attraversa gli anni, e i doni di un momento devono divenire continuativi per consentire ad un progetto di accompagnare gli ospiti durante tutta la loro vita, spesso lunga.
Ora esiste anche una Rete di riferimento, un network che compone un cerchio solidale tra strutture animate da una visione della vita comune e condivisa, e che costituisce un piccolo, prezioso patrimonio di relazioni costruttive e di sostegno. Unire le energie si è reso indispensabile, per poter garantire la giusta visibilità a contesti di difficile percezione, e per poter fornire, attraverso un sito ed una pagina sociale, una possibilità di incontro a chi non conosce la realtà dei Santuari. Leggere le meraviglie delle tante storie - da quella del capretto Lazzaro, recuperato cucciolo e morente ed ora sprizzante di vitalità, a quella di Achille, segugio con i tendini rotti che il padrone cacciatore voleva far abbattere perché ormai inutile alla sua attività – è un invito continuo a recarsi sul posto: per godere della vista inusuale dei maiali che grufolano festosi insozzandosi a vicenda, ma anche per fermarsi se lo si desidera, destinando il proprio attivismo ad una bellezza così insolita e inimmaginabile.
Eppure, dei luoghi così reali non sono riconosciuti ufficialmente. O meglio, non ne è riconosciuta l'identità più autentica, e sono registrati come allevamenti ordinari, in cui vigono le regole studiate per le strutture dove gli animali sono solo carne da macello e prodotto da supermercato: tutti gli obblighi di legge non vedono diversità tra una gallina chiusa in batteria, e una gallina accolta senza alcun fine economico. Questo comporta spese non indifferenti per i curatori degli spazi, su cui pesano costi impossibili da recuperare proprio per l'assenza di qualunque ritorno commerciale: la scelta etica di chi decide di aprire un Santuario può rintracciare sostentamento nell'agricoltura sociale, spesso impostata per la sola autoproduzione, e nella promozione di incontri di educazione ambientale per scolaresche, curiosi e gruppi di studio, ma il rifiuto di ogni logica di mercificazione impedisce di stabilire un tariffario, e la ricompensa per ogni attività proposta è lasciata ad un'offerta libera e solidale.

Occorrono senz'altro delle modifiche legislative su cui il network di Santuari sta lavorando già attivamente, affinché sia identificabile per gli animali ospiti lo "status di rifugiato, di animale fuori dal circuito dello sfruttamento umano", e per le strutture d'accoglienza quello di "luoghi dove gli animali vivono liberi al di fuori di ogni logica di sfruttamento".

Intanto, chi voglia impegnarsi in una scelta di vita piuttosto complicata realizzando un Santuario, deve attenersi a delle norme stabilite da una Carta dei Valori di cui i Santuari stessi hanno voluto dotarsi. Non riconoscere il concetto di superiorità dell'uomo sugli animali è imprescindibile, come lo è il seguire la filosofia vegan in tutti i suoi aspetti, dalla dieta rigorosamente vegetale alle scelte di consumo più attente, sempre sospettose nei confronti di qualunque traccia di crudeltà umana che possa nascondersi dietro un bene, un bene in apparenza privo di ogni legame con sfruttamento e sofferenza, e invece legato sottilmente ad una catena inaccettabile di sopraffazioni. Gli spazi, poi, devono rispecchiare in ogni angolo il sentimento della convivenza interspecifica, prevedendo recinti solo dove strettamente opportuno, e privilegiando la formazione di una comunità allegramente confusa ma senza divisioni.
Per quanto concerne gli animali ospiti, non devono essere stati riscattati dietro compenso, per evitare che il denaro occorso per liberarne uno sia a disposizione per incarcerarne altri, e tutte le accoglienze devono essere mosse da ritrovamenti fortuiti, dai casi di sequestro, dalle chiusure degli allevamenti. La riproduzione è impedita con le pratiche di sterilizzazione delle femmine e di castrazione dei maschi: se può sembrare un'impostazione poco affine con la dimensione naturale che si cerca di restituire a questi esseri, si pensi al fatto che i Santuari intervengono in una situazione di folle emergenza creata dall'uomo in secoli di dominio egocentrico, e a cui occorre riparare con l'estremo rimedio di una soluzione per molti antipatica, ma di fatto unica possibilità di contrasto a moltiplicazioni francamente improponibili in ambienti che non siano selvatici, e quindi non a misura di una riproduzione davvero pura e naturale.
Infine, nella Carta dei Valori si intuisce anche l'invito ad una vita di comunanza o a conduzione familiare animato nei Santuari, fondata sulla ricerca della pace interiore e di una convivialità empatica, che tracci itinerari di crescita personale ed evoluzione rigenerativa. Salutare la voracità dei tempi, nutrire la saggezza dei modi lenti, celebrare la vita delle lacrime e dei sorrisi: nei Santuari si liberano anche l'uomo e la sua fretta di imporsi a modelli di successo, ad una schiavitù dei talenti che si considera realizzazione ma che spesso è solo smarrimento di sé.

Per approfondire ulteriormente è bene incontrare, partendo da visitatore e magari trattenendosi da volontario. In luoghi d'amore speciale dove i rapporti sono alla pari, e dove i nuovi modelli di relazione stanno costruendo importanti modalità a ricaduta anche sociale, come le pratiche di incontro interspecifico pensate per adulti fragili, per vissuti complessi, per le varie disabilità, unite addirittura alla possibilità di fare yoga tra esseri felici e di studiare la medicina tradizionale cinese e il massaggio Tui Na da sperimentare sui cavalli. Ma la risorsa forse più preziosa di una tappa nei Santuari degli Animali Liberi è data dall'opportunità di rivolgere a sé stessi domande fondamentali, una per tutte: cos'è davvero necessario alla mia vita? Le risposte potrebbero permettere di abbandonare le ombre del nostro essere consumatori del mondo, per poi tradursi in stupori di luce, in scelte di coscienza, in passi sempre più instradati verso una bellezza assolutamente indicibile.

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