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Numero 4/2017 Andrea Sergi

La classificazione dei rifiuti

Nel corso degli ultimi anni l'evolversi della normativa italiana e comunitaria in tema di rifiuti è stato impressionante; storicamente, in Italia, la legge che cambiò radicalmente tutto fu il D.Lgs. 22/97 (c.d. "decreto Ronchi") che introduceva, tra le altre cose, il passaggio da tassa a tariffa per il pagamento dovuto alle amministrazioni comunali per il ritiro dei rifiuti solidi urbani (sostanzialmente la legge quadro stabiliva che i contribuenti dovessero pagare una quota della tariffa in base alla quantità dei rifiuti conferiti e non in base alla superficie dell'unità abitativa nella quale avveniva la produzione: il decreto attuativo che doveva regolamentare questo aspetto non fu mai emanato).
Attualmente, la legge quadro vigente in Italia in tema di rifiuti è il D.Lgs.152/06 (c.d. "testo unico ambientale") nella sua parte IV; a livello comunitario, invece, il testo attualmente in vigore è la Dir.2008/98/CE.
Per quanto riguarda gli aspetti più squisitamente tecnici (inerenti soprattutto la classificazione dei rifiuti) recentemente l'UE ha emanato 2 provvedimenti legislativi: la Dec.2014/955/UE e il Reg.1357/2014/UE; questo si è reso necessario per armonizzare le norme inerenti i rifiuti con la normativa comunitaria che regolamenta la classificazione, l'etichettatura e l'imballaggio delle sostanze pericolose: il Reg.1272/2008/CE (c.d. "Regolamento CLP").
Per capire come si classifica un rifiuto dobbiamo prima partire dalla sua definizione data nel D.Lgs.152/06 parte IV art. 183 (come modificato dal D.Lgs.205/10): "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi"; l'art.184 stabilisce invece che i rifiuti devono essere classificati in base alla loro origine in "urbani" e "speciali" e, in base alla loro pericolosità in "pericolosi" e "non pericolosi".
Affinché un rifiuto sia univocamente identificato nell'elenco contenuto nell'allegato alla Dec.2014/955/UE è necessario attribuirgli il "codice CER" (acronimo che sta per Codice Europeo dei Rifiuti) seguendo scrupolosamente la procedura descritta alla voce "Elenco dei rifiuti" che precede il suddetto elenco.
Questa è una fase critica nel percorso da seguire per la classificazione; infatti il codice CER è costituito da 3 coppie di cifre: la prima identifica l'attività produttiva da cui origina il rifiuto da classificare (in totale sono 20 capitoli), mentre le altre 2 coppie identificano lo specifico processo produttivo che può generare il rifiuto in oggetto. La procedura dice chiaramente che bisogna sforzarsi di ricercare il capitolo adatto (la prima coppia di cifre) per la corretta attribuzione del codice CER, e se questo non fosse possibile allora utilizzare i codici del capitolo 16 ("rifiuti non altrimenti specificati nell'elenco"). Nella fase successiva di attribuzione delle altre cifre del codice (una volta cioè identificato con certezza il capitolo) scorrendo l'elenco ci si imbatte in alcuni codici segnati con un asterisco (*): questi codici identificano i rifiuti pericolosi, i quali possono essere di 2 tipologie:
a) rifiuti pericolosi "tout court", cioè aventi un unico codice con asterisco (esempio: 05 07 01* rifiuti contenenti mercurio);
b) rifiuti pericolosi con "codice a specchio", cioè rifiuti che possono essere considerati pericolosi o non pericolosi (esempio: 02 01 08* rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose 02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08).
In quest'ultimo caso è necessario reperire tutte le informazioni possibili sul processo produttivo che ha generato il rifiuto da classificare (per esempio, se si ha la certezza che nel processo siano presenti determinate sostanze pericolose è bene consultare le schede di sicurezza (SDS) delle stesse).
Come ultimo step, in mancanza di informazioni chiarificatrici sulla natura del rifiuto, si devono effettuare delle analisi chimiche per la ricerca delle presunte sostanze pericolose eventualmente presenti in esso; infine bisogna confrontare i dati analitici ottenuti con l'allegato riportato nel Reg.1357/2014/UE; questo perchè, per alcune caratteristiche di pericolo presenti nel suddetto allegato, la pericolosità del rifiuto è legata a dei valori soglia (espressi come percentuale in peso) delle sostanze pericolose, superati i quali il rifiuto deve essere classificato come pericoloso. Per ottenere i codici di classe e di categoria di pericolo indicati nell'allegato al Reg.1357/2014/UE si deve consultare l'elenco delle sostanze pericolose nel Regolamento CLP, trovare la/ o le sostanze pericolose presenti nel rifiuto e ricavare i codici anzidetti (facendo attenzione alle ultime 2 colonne dell'elenco, che indicano eventuali limiti di concentrazione specifici e note). Una volta ricavati i codici e le categorie di pericolo si possono presentare diversi casi:
1) la o le sostanze possiedono uno o più codici di indicazioni di pericolo indicati ai fini della classificazione del rifiuto nelle categorie HP1 (esplosivo), HP2 (comburente), HP3 (infiammabile), HP12 (liberazione di gas a tossicità acuta), HP15 (Rifiuto che non possiede direttamente una delle caratteristiche di pericolo summenzionate ma può manifestarla successivamente): in questo caso bisogna sottoporre il rifiuto ai metodi di prova indicati nel Reg. 440/08/CE e, in caso di esito positivo delle prove, classificare il rifiuto come pericoloso;
2) la o le sostanze possiedono uno o più codici di indicazioni di pericolo indicati ai fini della classificazione del rifiuto nelle categorie HP4 (Irritante – Irritazione cutanea e lesioni oculari), HP5 (Tossicità specifica per organi bersaglio (STOT)/Tossicità in caso di aspirazione). HP6 (Tossicità acuta), HP7 (cancerogeno), HP8 (corrosivo), HP10 (Tossico per la riproduzione), HP11 (mutageno), HP13 (sensibilizzante): in questo caso se una singola sostanza supera il valore soglia indicato per ognuna delle caratteristiche di pericolo,allora il rifiuto è da classificare come pericoloso;
3) la o le sostanze possiedono uno o più codici di indicazioni di pericolo indicati ai fini della classificazione del rifiuto nella categoria HP9 (infettivo): bisogna fare riferimento al D.P.R. 254/2003 che disciplina i rifiuti sanitari;
4) la o le sostanze possiedono uno o più codici di indicazioni di pericolo indicati ai fini della classificazione del rifiuto nella categoria HP14 (ecotossico): bisogna fare riferimento in prima istanza all'allegato VI della Dir. 67/548/CEE; tale allegato stabilisce ben 20 criteri ai fini della classificazione di un rifiuto come ecotossico, ma è sufficiente che uno solo di questi sia soddisfatto per classificare il rifiuto come ecotossico; in alternativa si può fare riferimento ai criteri di classificazione della classe 9 dell'accordo ADR (normativa internazionale che regola il trasporto merci pericolose) e, in particolare, al metodo della somma: è però necessario ricavare i dati necessari dall'elenco delle sostanze riportato nel Regolamento CLP (compresi gli eventuali "fattori M") e, se solo un valore soglia delle categorie "Tossicità Acuta 1", "Tossicità Cronica 1" e "Tossicità Cronica 2" è superato, allora il rifiuto è da classificare come ecotossico.

Fonte: http://rifiutiesicurezza.net/2016/08/18/la-classificazione-dei-rifiuti/

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