Spazio X

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Numero 4/2017 Maria Carrassi

Sogno o realtà?

Tutto quanto si diceva è storia
ma il collegamento con gli alieni era un fatto tutto nuovo

Erano giorni che camminavano in quella Siberia addolcita dalla primavera, ma sempre molto fredda nonostante l’aumento della temperatura. Pertanto il freddo si faceva sentire e la principale preoccupazione era quella di trovare un posto dove piazzare le tende per la notte. Restava il fatto che la neve minacciava di tornare ancora.
La scoperta dello scheletro di Mammut, che faceva pensare ad un essere alieno, li intrigava… Avevano organizzato una spedizione perché non potevano sottrarsi ad una esperienza del genere, ritenendosi pionieri sempre in prima fila.
Tutto il gruppo era a conoscenza di quello che in genere si racconta sui Mammut, sparsi un po’ in tutta Europa.
«In questi ritrovamenti» disse Luigi «mancano sempre il cuore, il fegato ed in genere gli organi interni, perché le volpi sanno trovare il modo di penetrare nella cavità viscerale dei grandi pachidermi congelati, divorando queste parti che meglio si prestano a fornire un buon alimento. Da altri riscontri si è scoperto che anche gli animali domestici carnivori si sono mostrati ghiotti di queste carni, anche se congelate e questo ha dato il via al sistema di congelamento degli alimenti, cosa che ormai è di uso comune».

Proseguendo nella conversazione che allietava il loro camminare, Simone disse che la Siberia doveva essere ricchissima di Mammut, aggiungendo che per oltre un secolo i cacciatori di avorio avevano trovato ingenti bottini di zanne, che poi avevano venduto specialmente in Cina.
Tutto quanto si diceva è storia ma il collegamento con gli alieni era un fatto tutto nuovo.

Arturo si accorse ad un tratto che uno dei suoi scarponi si era slacciato e si fermò per rifare i nodi ma, quando riprese il cammino, si accorse che invece di procedere indietreggiava. Una mano misteriosa lo trascinava indietro e mentre vedeva i suoi compagni allontanarsi, impotente a raggiungerli, cominciò a fare brutti pensieri. Gli venne sgomento quando pensò di non avere con sé la sua tenda da campeggio necessaria per il pernotto, e cominciò a pensare che l’idea del Mammut alieno lo stava suggestionando. Non poteva credere a quanto gli stava accadendo… ipotizzò che forse si era addormentato e stava sognando. La sensazione di indietreggiare però non scemava e sempre più sentiva il senso della sua impotenza. Il buio incombeva e lui si sentiva senza forze. In quella solitudine cominciò a recitare delle preghiere nella speranza che una mano dal cielo lo aiutasse a capire cosa fare. È sempre nelle situazioni di pericolo che ci ricordiamo di chiedere aiuto al Cielo.
Si addormentò.
I raggi del sole lo svegliarono al mattino e lui si trovò nella casa che aveva visitata in sogno, sconosciuta nella realtà ma che conosceva alla perfezione per averla visitata quella notte.
«Ho sentito voci» si diceva «qualcuno mi chiamava, ma dove sono?»
Si dette dei pizzicotti per capire se fosse sveglio o meno, e accertatosi della sua lucidità, si meravigliò di trovarsi in quegli ambienti sognati, che gli erano rimasti impressi nella mente, sapendo esattamente cosa ci fosse al di là del muro.
Gli sembrava di essere vissuto sempre lì, sapeva esattamente dove mettere mano. In una credenza trovò del pane, un po’ stantio ma quando hai fame non badi ai particolari. Si lavò, si rinfrancò, poi ripreso il suo zaino uscì con l’intenzione di raggiungere i suoi compagni che certamente avevano notato la sua assenza ed erano preoccupati.
In quella landa sconosciuta non c’era alcuna possibilità di collegamento telefonico, per cui essere insieme agli altri era una necessità assoluta.
Col passo frettoloso seguendo le tracce lasciate sulla neve il giorno prima, si accorse ad un tratto di un qualcosa simile ad una sfera per metà affiorante dal terreno, che luccicava fortemente sotto i raggi del sole.
Si chinò ed ebbe un attimo di esitazione prima di prenderla per vedere di cosa si trattasse… «e se fosse un ordigno esplosivo?’» diceva tra sé ma, mentre era in preda a questi pensieri, una mano lo spinse verso quell’oggetto e fattosi coraggio lo prese e… quale non fu la sua meraviglia nel vedere che si trattava di una ciotola d’acciaio, la stessa ciotola che un uomo alto e grande gli aveva dato in sogno.
Ecco all’improvviso tutto si fece chiaro nella sua mente, cominciò a rivedere le immagini oniriche che lo avevano allietato nella notte.
Tutto tornava… ma chi era quell’uomo che aveva visto in sogno?
Non gli sembrava di conoscerlo.
Preso da questi pensieri, camminava come un automa, quando su un grande masso vide seduto l’uomo della ciotola, quello sognato che gli sorrideva mentre gli diceva «ti aspettavo, vieni ti porto dai tuoi compagni».
Proseguirono insieme chiacchierando amichevolmente e Arturo ebbe la possibilità di fare a quell’uomo delle domande su quanto sognato e sul ritrovamento del Mammut. Ma ciò che lo intrigava particolarmente era di conoscere il collegamento che poteva esserci con gli alieni. Quell’uomo disse di chiamarsi Zibed e di essere alieno e gli disse anche che il motivo per cui lo aveva aiutato era che anche lui era uno di loro, così come il mammut che era stato trasformato in mammut per un sortilegio. E aggiunse «se l’uomo riuscirà a farlo rivivere prenderà le mie sembianze».
Arturo lo guardava incuriosito, felice perché gli aveva svelato il segreto, ma in attesa dell’evolvere delle cose.
Giunti in prossimità del luogo dove erano accampati i suoi compagni, il misterioso amico scomparve.
«Non l’ho neanche ringraziato» pensò «ma perché è andato via?».
Si guardò intorno, di lui nemmeno l’ombra, solo silenzio.
Proseguì nel suo cammino e raggiunse i suoi compagni che erano ancora chiusi nelle loro tende.
Al vederlo gli fecero festa e tutti facevano domande curiosi di sapere cosa gli fosse accaduto. Raccontò brevemente l’accaduto senza entrare nei particolari ma nel frugare nello zaino, rivide la ciotola e la prese per farla vedere agli amici. Stranamente, dopo averla pulita dai residui di terra bagnata, gli sembrò che nella ciotola si delineassero delle immagini. Turbato da questa inaspettata scoperta, cercò di sviare l’attenzione degli amici perché voleva prima capire di quale magia lui facesse parte. Appartatosi osservò con attenzione il film che intravedeva nel fondo della ciotola, un filmato sul mondo alieno dove lui sarebbe dovuto tornare, secondo quanto affermato dall’uomo amico e questo lo preoccupava non poco perché pensava che per tornare doveva morire. Ma non palesò le sue paure per non spaventare gli amici.
Tutti insieme proseguirono nelle ricerche e finalmente arrivarono sul luogo del ritrovamento. Il Mammut che si presentava ai loro occhi era di enormi dimensioni, mai visto così grande.
C’era già sul posto l’equipe degli scienziati impegnati a prelevare una cellula per capire se si poteva farlo tornare in vita… tutti erano eccitati ma nessuno pensava a quali potevano essere le conseguenze di un tale esperimento.
Certamente un tale esperimento poteva rappresentare un punto di svolta per la comprensione di alcune incongruenze riscontrate nella scala evolutiva del genere umano.
La cosa più sconcertante era che lo scheletro perfettamente conservato, nonostante un'età di circa 600 milioni di anni, era conservato perfettamente ed aveva una struttura bivalente tra l’uomo e il mammut… la forma delle ossa indicava che poteva trattarsi di ossa umane, piuttosto che dei primati.
Una strana complessa conformazione che poteva benissimo appartenere ad avanzate civiltà extraterrestri che in epoche remote avevano visitato il nostro pianeta, molto tempo prima che la vita complessa si evolvesse sulla Terra.
Arturo pensava alle parole del suo amico: «se lo riportano in vita prenderà le mie sembianze…» che cosa aveva voluto dire? Prima di interpellare gli amici volle consultare la ciotola magica e da lei ebbe questa risposta: «la verità è in te».
Non riusciva a capire, allora provò a tamburellare con le dita sulla ciotola, chiamando il suo amico Zibed e dopo qualche tentativo, Zibed comparve: «che hai, perché sei così turbato?».
«Spiegami cosa significa che se il Mammut viene resuscitato prenderà le tue sembianze…».
«Semplice» rispose Zibed «io sono lui e lui è me…».
«Non capisco…».
«Non puoi capire perché voi uomini che abitate la terra non siete abituati a vedere oltre il vostro naso… chi vive dimensioni diverse può benissimo prendere più forme».
«Non capisco uguale…».
«Non puoi… capirai quando tornerai qui…».
«Ma… ma … per venire devo passare a miglior vita…».
Zibed sorrise,
«ora te l’ho spiegato, tu vivi in una dimensione duale dove esiste la vita e la morte e non riesci a capire come si possa essere vivi e morti nello stesso tempo, quando tornerai ad essere come noi, superando lo stato duale, potrai essere vivo e morto nello stesso tempo, potrai essere umanoide e animale nello stesso tempo, ora comprendi?».
«Forse» rispose Arturo «ma se ritorni a vivere come lo spiego agli amici?»
«Tu non preoccuparti, ci penserà la scienza a inventare favole nel tentativo di capire per poi spiegare».

Ergane, immagine spazio x
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