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Numero 3/2017 Marco Renna

Alla ricerca di se stessi

Può essere prezioso fermarsi e ricordarci di noi almeno quando il nostro inconscio bussa alla nostra porta attraverso un profumo o un sapore che vuole comunicarci un ricordo

Un po' di tempo fa mi sono imbattuto nell'opera monumentale di Marcel Proust "Alla ricerca del tempo perduto", romanzo considerato da molti critici letterari uno dei più grandi di sempre. Si tratta di un libro scritto in un arco di tempo che va dal 1909 al 1922, un'opera sterminata che segue la vita dello scrittore francese. Il titolo stesso suggerisce le ambizioni di Proust, ovvero salvare il passato incidendolo sulle pagine di un libro, instillandolo nell'unico tempo che secondo Proust non può mai svanire, il tempo eterno della letteratura, della parola scritta che resta incisa per sempre. Nel primo libro dell'opera intitolato "Dalla parte di Swann" ("Alla ricerca del tempo perduto" è un'unica opera suddivisa in diversi volumi dai titoli diversi per esigenze editoriali) viene raccontato il famoso episodio della madeleine, ovvero quello in cui l'autore, mentre beve un tè, assaggia un biscotto che non mangiava da quando ero un bambino, una madeleine per l'appunto. Il primo istante di quel sapore fungerà per Proust come un ponte verso il suo passato, verso la sua infanzia, verso quel periodo in cui sua zia Leonia spesso offriva lui proprio lo stesso biscotto. E' l'attivazione di una rievocazione nitidissima di immagini del passato, delle sensazioni, dei sentimenti e dello stato d'animo di quei momenti, una sorta di viaggio del tempo nella memoria, verso quel tempo perduto che con così tanta volontà l'autore ha voluto salvare. Marcel Proust dopo aver descritto l'episodio, che teatralmente rappresenta l'evento da cui scaturisce tutto il ricordo infuso nel resto dell'opera, evidenzia il potere del gusto e dell'olfatto, di dispiegare davanti ai nostri occhi il lontano mondo della nostra vita passata. Dopo aver letto queste incantevoli pagine ho iniziato nella mia vita di tutti i giorni a prestare attenzione a questi "incontri" che casualmente possono avvenire nella giornata, di modo che adesso appena sento un profumo o provo un gusto conosciuti, mi fermo un attimo e cerco di mettere a fuoco il ricordo che con mia sorpresa si materializza senza sforzo e con notevole nitidezza. Ad esempio mi è capitato più di una volta di imbattermi, passeggiando per le vie del centro di Lecce, o altrove, non ricordo bene, di avvertire tra i passanti, più probabilmente tra le passanti, scie di un profumo alla pesca che mi hanno riportato alla primavera del 2011, in un periodo molto particolare per me, vissuto nella speranza di un amore impossibile. Ho rievocato quelle giornate e quei pomeriggi assolati di studio in cui conobbi lei, quell'aria tiepida e profumata di primavera, e quel sentimento che mi ha accompagnato in tutto quel periodo, un misto di speranza e rassegnazione, una sensazione agrodolce, un senso di ebbrezza per riconoscersi così tanto innamorati di una persona misto al dolore dovuto alla consapevolezza che non ci sarebbe mai stato un nostro futuro. Questo è solo un esempio, ma più in generale il pensiero di Proust mi ha fatto riflettere sull'esistenza effettiva del nostro passato, sulla sua consistenza, sulla sua importanza e sul fatto che esso sia il campo privilegiato in cui ricercare le origini del nostra personalità e di quello che Lacan definiva il nostro "wunsch", termine tedesco che significa "desiderio", e più precisamente quel desiderio primo, originale, quello della nostra vocazione di vita cui bisogna obbedire pena l'ammalamento della nostra anima. Jacques Lacan è stato un grande psicologo francese del '900, che si rifaceva a Freud rileggendone in parte il suo pensiero. Un intellettuale che può essere collocato nel movimento intellettuale dello strutturalismo francese, un movimento che mette al centro l'importanza del linguaggio che usiamo e della struttura, ovvero della società che ci circonda, nella determinazione della nostra vita e del nostro pensare. Tuttavia, lo psicologo pensava che si nascondesse nel nostro inconscio, che in qualche modo resistesse, un'impronta della nostra soggettività, scritta nel linguaggio indipendente del non cosciente, un'inclinazione personale che non bisogna tradire pena l'ammalamento, come dicevo pocanzi, e che puo' essere rivelata attraverso anche la psicanalisi con lo studio dell'inconscio prestando ascolto a quei fenomeni non volontari come i lapsus, i tic, gestualità ecc ovvero quelle occasioni in cui direbbe Lacan "siamo parlati" piuttosto che parlanti. Non saprei dire se sia possibile condurre questa ricerca del proprio "desiderio senza l'ausilio di uno psicanalista, ma ho il sospetto che i "portali" sensoriali del gusto e dell'olfatto siano canali privilegiati per scoprire le tracce di una soggettività che spesso sentiamo smarrita. Sostengo questo perché ogni volta che mi capita di essere rispedito verso periodi lontani della mia vita attraverso questi incontri sensoriali, mi rendo conto che si tratta di testimonianze importanti della memoria. Sembra che questo ricordare involontario non ci comunichi mai qualcosa senza importanza ma, al contrario, vissuti della nostra vita significativi dal punto di vista emotivo, azioni e sentimenti che più degli altri ci dicono forse chi eravamo o, per meglio dire, chi siamo sempre stati. Forse si può ritenere quindi che, proprio come il lapsus, anche la memoria involontaria di questi incontri sensoriali sia una porta per accedere al nostro passato. Penso che l'allenamento a questo spontaneo ricordare, magari fermandosi a riflettere qualora se ne presenti il pretesto, rappresenti un fonte preziosa per scorgere la nostra vera natura, soprattutto in quest'epoca che diventa sempre di più quella del messaggio pubblicitario che, palese o occulto che sia, è sempre un messaggio che vuole instillarci un desiderio, un bisogno, che vuole dirci chi siamo o chi potremmo essere, rendendoci inseguitori perenni di desideri che non ci soddisferanno mai, e rendendoci disorientati rispetto la rotta da seguire per essere in linea con la strada tracciata dal nostro desiderio in senso lacaniano, dalla nostra vocazione di vita. Oltretutto un'altra caratteristica che contraddistingue i nostri tempi è l'azione. Basti guardare alle nostre vite che diventano sempre più veloci e più ricche di atti, di piccole azioni quotidiane che tolgono tempo alla riflessione. Si pensi ad esempio alla proliferazione dell'internet mobile che ha portato all'utilizzo di telefoni e altri dispostivi perennemente connessi a internet, con i quali diventa impossibile "annoiarsi" ma anche riflettere, magari stando seduti in una sala d'attesa o viaggiando in treno. Ecco che allora, a maggior ragione in un'epoca come la nostra, può essere prezioso fermarsi e ricordarci di noi almeno quando il nostro inconscio bussa alla nostra porta attraverso un profumo o un sapore che vuole comunicarci un ricordo.


BIBLIOGRAFIA
Proust, M., (2011), Alla ricerca del tempo perduto, Newton Compton editori. Ed. originale: Proust, M., (1919), Du côté de chez Swann, Parigi, Gallimard.
Recalcati, M., (2014), La forza del desiderio, ed. Qiqajon.

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