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Numero 1/2017 Anna Leo

Anoressia, il castigo di un corpo negato

Una pericolosa piaga sociale
Le responsabilità dei media

Anoressia è un termine già di per sé disforico. Un vocabolo che suscita terrore, freddo, aridità, richiama la morte che non è poi così lontana né così difficile da raggiungere. Oltre ad un autentico male di vivere, l'anoressia è un'altra delle infinite piaghe che affliggono il mondo attuale, una malattia che nasce dalla forza di volontà e dilaga soprattutto tra le adolescenti e le ragazzine che, nell'età puberale, o immediatamente dopo, assumono un atteggiamento critico nei confronti di tutto e tutti e finiscono per prendersela col proprio corpo.
Il vortice di incertezza e di insicurezza che gravita intorno e dentro di loro, fin nei recessi più profondi dell'anima, le rende inaccettabili persino ai loro stessi occhi.
Finiscono per vedersi grasse, obese anche se, in realtà, non lo sono affatto.
In altri e più frequenti casi, dietro l'insorgere dell'anoressia c'è una frase, due tre parole dette anche in modo scherzoso o del tutto banale, magari da un compagno, da un coetaneo o da un ragazzo più grande dal quale ci si sente attratte.
Quella semplice ma crudele frase diventa assassina. Fa crollare il mondo nel quale erano immerse, toglie loro energia, le fa arenare, prigioniere dallo sconforto rendendole infelici, passive, schiave di una voglia tanto tenace quanto incorruttibile di essere e sentirsi smentite.
Iniziano così le diete più drastiche, con controlli ossessivi nei confronti del cibo. Generalmente, si comincia con l'eliminare i farinacei, seguiti dai dolci, dalle salse, dai sughi e dai condimenti ipercalorici fino a nutrirsi, nel migliore dei casi, esclusivamente di frutta e verdura e si può arrivare al digiuno pressoché totale, in seguito al quale l'organismo debilitato crolla.
Le donne colpite da anoressia presentano vari sintomi da cui è possibile rilevare la loro condizione, oltre ad una evidente lapalissiana magrezza, soffrono di vertigini e svenimenti, di brividi dovuti a un'acuta sensazione di freddo, poiché la temperatura basale del loro corpo denutrito tende a scendere, oltre a presentare una fastidiosa desquamazione della pelle, che diventa ruvida perché non sufficientemente idratata.
Ma il disturbo più inequivocabile è dato dall'amenorrea, ovvero la scomparsa del ciclo mestruale, dovuto al blocco dell'ovulazione quando la perdita di peso supera il venticinque per cento del peso corporeo.
L'anoressia, oltre a dilagare tra le ragazze in età adolescenziale, può manifestarsi anche nei bambini nei primissimi anni di vita.
Fortunatamente le moderne tecniche e terapie consentono, non solo di individuare nei primi sintomi l'origine del male, ma di curarlo e prevenirlo già dai primi rifiuti sotto forma di capricci alimentari del neonato.
Se il pediatra esclude che il disturbo abbia cause fisiche, si può trattare di un problema di relazione con la madre e bisogna porre particolarmente attenzione quando il bambino fa il suo primo ingresso nella scuola materna.
Anche qui il distacco, la separazione dalla madre può configurare un trauma.
Sintomi da non sottovalutare sono quando i bambini, nell'intervallo, non mangiano le proprie merendine o si rifugiano in un angolo per sfuggire al cibo cercando di tenersi impegnati in altre attività complementari o peggio ancora diventano nervosi, instabili, irritabili e aggressivi.
Altri accorgimenti, sono necessari per le bambine colpite da una delusione da parte di un loro genitore, dove l'anoressia si può manifestare, non come fame di cibo, ma come carenza d'amore, di tenerezza, di dolcezza, di sicurezza.
Le anoressiche si privano di tutto, non solo dei piaceri culinari, ma anche di stare in compagnia, di ridere, di scherzare o di esaudire un loro stesso desiderio, perché pensano che non ci sia nessuno in grado di dare loro, ciò che vorrebbero.
Tendono all'estremo perfezionismo, all'ordine ossessivo, vogliono risultare a tutti i costi adeguate alle varie circostanze. Alla base di ciò, spesso, ci può essere una situazione familiare conflittuale con i genitori troppo ferrei e intransigenti, invadenti, ipercritici, oppressivi, limitatori e dominatori.
In altri casi influiscono in maniera più determinante gli esempi tracciati dalla moda che mette in campo fotomodelle magrissime esaltando e celebrando il brutto, lo spettro come bello, auspicabile desiderabile, così le ragazzine, disorientate, si lasciano trascinare in questo gorgo, nella smania di imitare quegli scheletri ambulanti che sfilano su una passerella attraverso un teleschermo o posano immobili e sorridenti sulle pagine di una rivista.
Tenendo conto che la propaganda diretta, convincente e sottile dei mass media che concerne l'argomento del perdere peso, arriva al pubblico con cumuli di informazioni, con prodotti dimagranti da bere e da ingerire sotto ogni forma possibile, con sostanze miracolose, con proposte di diete strascicate, sbagliate o del tutto improprie. E ancora una volta saranno le personalità più fragili, scosse, insicure quelle su cui i messaggi faranno centro.
Per quanto dissimile e opposta all’anoressia, la bulimia ha molti aspetti in comune con essa. Nella maggior parte dei casi, le ragazze che riescono ad uscire dal baratro dell'anoressia, cadono successivamente nella rete ancor più insidiosa e inestricabile della bulimia.
La bulimica non è mai nelle condizioni di sottopeso, pur nutrendo un autentico terrore verso la sola idea di ingrassare, si ritrova comunque, a dover fare i conti e combattere con qualche chilo di troppo.
Le cause che scatenano la bulimia sono simili a quelle dell'anoressia. Anche in quest'ultima intervengono più fattori e dinamiche, essa è caratterizzata non solo dalla quantità incontrollabile di cibo che si assume e dalla sua conseguente espulsione, ma principalmente dal modo di mangiare anche quando non si ha fame.
Esiste poi una terza forma di malattia che è alquanto simile e solitamente scaturisce dalla bulimia denominata Binge Eating Disorder. Consiste in abbuffate ricorrenti almeno due volte la settimana per un periodo di sei mesi in cui si immettono nell'organismo grandi quantità alimentari in poco tempo, senza riuscire ad avere un controllo volontario.
Solo dopo subentrano gravi sensi di colpa che, dalla vergogna del proprio aspetto e dalla voglia di isolarsi dal resto del mondo, dilagano in vere fobie, che sfociano in pesanti stati di depressione che a loro volta scatenano la prepotente voglia di cibo.
Si entra così, in un circolo vizioso dal quale è sempre più difficile venirne fuori.
Le forme di terapia per queste malattie possono essere varie: da quelle cognitive comportamentali fino alle terapie familiari o di gruppo, in cui avviene uno scambio di reciproche informazioni ed esperienze che costituiscono una obiettiva autoanalisi.
È fondamentale capire che, innanzitutto, bisogna amare se stessi accettandosi come si è, senza inseguire astratti ideali forniti dalla moda o dalla televisione e comprendere che non è tramite il cibo che possono essere sconfitte le insoddisfazioni, le delusioni, il senso d'incapacità e di inadeguatezza.
L'autostima e il benessere si sviluppano sulla base di un'armonia che prima di essere esteriore è, soprattutto, interna a noi, radicata dentro di noi.
Non è l'estremo perfezionismo o l'infallibilità a farci raggiungere l'impeccabilità, ma solo le cadute, le ricadute e gli errori ci consentono di realizzare i nostri progetti e di vivere nella consapevolezza di noi stessi, ricordandoci che l'obesità è uno stato mentale, una malattia generata dal tedio e dalla delusione.
L’unico modo per stare bene con se stessi è dare uno scopo alla propria vita.
L'anoressia e la bulimia sono un rifugio, un modo per sfuggire a una realtà insoddisfacente. Sono un’illusione. Un’illusione che uccide.

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