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Ergane Cultura
Numero 1/2017 Antonella Tamiano

“L'intramontabile Hopper”

"Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo": riflettori sul grande pittore americano

Il Novecento è un secolo che ha conosciuto molte correnti artistiche tra le più disparate. Ogni corrente ha avuto il suo massimo esponente, quindi risulta difficile stabilire chi sia stato l’artista più importante o meglio la corrente artistica più significativa di questo periodo storico. Prendendo visione di quanto stabilito, vorrei puntare i riflettori su un artista dal mio punto di vista intramontabile e ancora oggi molto attuale.
Artista d’oltreoceano, Edward Hopper nacque il 22 luglio del 1882 a Nyack, piccola cittadina sul fiume Hudson, di New York è stato un pittore famoso soprattutto per i suoi ritratti che raccontano spaccati di vita vissuta dai suoi protagonisti che immortala nelle sue tele. Opere che ancora oggi riescono a trasmettermi quella contemporaneità ricercata nella rappresentazione della quotidianità o meglio quella solitudine in cui gravita l’individuo, di ieri e di oggi. Edward Hopper è stato un artista statunitense. Come molti artisti anche lui fu affascinato da tante correnti in voga in quel periodo come la pittura impressionista e dai poeti simbolisti.
Edward Hopper esordì come illustratore, tuttavia a differenza di molti altri artisti americani, Hopper non gradiva quel tipo di lavoro. La sua evocativa inclinazione artistica si rivolgeva sempre più verso un forte realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: "Non dipingo quello che vedo, ma quello che provo". Sarà forse per questo aspetto che le sue opere continuano ancora oggi a stupirmi, perché emanano quella consapevolezza tra solitudine e angoscia oggi più che mai ancora attuale?
Hopper ha viaggiato molto in Europa fermandosi a Parigi città più importante dell’arte mondiale prima della seconda guerra mondiale, fu a Parigi che assorbì la lezione impressionista. Poi ha proseguito per Londra, Berlino e Bruxelles. Tornato negli Stati Uniti sviluppò uno stile personale, perfezionando i suoi peculiari giochi di luci e di ombre, la sua passione per la luce e i volumi e il tema centrale della solitudine e dell’attesa. È stato un artista molto produttivo: sono diverse le tele che ammiro, quindi sarà un compito arduo per me preferirne alcune piuttosto che altre. La mia attenzione doverosa si dirige al dipinto sicuramente più rappresentativo di tutte le sue opere. Dal titolo Nighthawks (I nottambuli) tela realizzata nel 1942 esposta all'Art Institute a Chicago che ne entrò in possesso il 13 maggio 1942, a pochi mesi dal completamento, acquistandola per 3.000 dollari.
Questo è uno dei quadri più grandi della storia dell’arte mondiale, difatti è passato alla storia.
“I nottambuli” il cui titolo di per se sembra già raccontare la storia del quadro, con dei soggetti facenti parte della realtà quotidiana, ma che al loro interno riescono a raccontare un periodo di storia in modo dettagliato ed interessante. Il quadro è ovviamente un grandissimo esempio di arte tradizionale illustrativa, che mette in primo piano lo stile di Hopper pittore considerato uno tra i più importanti quadri perché, qui vengono rappresentati dei personaggi che in poche mosse riescono a caratterizzare l’America degli anni 40. Un paese che stava ancora ricucendo le sue ferite dopo la Grande Depressione del 1929, e che presto si sarebbe preparata ad una nuova guerra mondiale. Quindi una tela che racconta uno spaccato di vita vissuta tuttavia che nonostante decenni si amalgama bene con la solitudine che l’uomo odierno continua a vivere. Così come un’altra tela intitolata “Morning Sun” (sole di mattina). Ad una prima occhiata tutto sembra estremamente semplice e addirittura essenziale.

La ragazza si trova seduta sul suo letto, probabilmente si è svegliata da poco, il suo sguardo gravita fuori dalla stanza, verso la città poiché guarda verso la sua finestra, spalancata sul mondo ma chiusa nei rapporti umani. Dalla stessa finestra, entra anche un timido sole che dà vita all’intera scena, riuscendo a mescolare colori caldi e freddi, tutti all’interno di questa semplice camera da letto. Ben poco riesce a scorgersi fuori dalla finestra se non l’ultimo piano di un edificio che sicuramente appartiene a un contesto americano. Nessun altro elemento giunge a rendere più dettagliata questa scena. Dove protagonista indiscusso è ancora una volta il tema della solitudine. La solitudine che permea l’intera scena, attraverso lo sguardo della ragazza, fisso sulla finestra, che sembra essere muta, circondata da un estremo silenzio, prima ancora che cominci completamente la sua giornata. Il letto è rifatto bene, ciò lascia intuire che abbia dormito da sola, senza poter condividere le sue angosce e le sue gioie con qualcuno. Anche guardando i colori sono molto chiari e “smorti” a indicare ancora una volta un senso di emarginazione.

Senso di solitudine che accomuna tutti i suoi dipinti come scompartimento C carrozza 293, il verde avvolge la scena dove un elegante donna sfoglia una rivista. Il paesaggio fuori dal finestrino sembra un dipinto nel dipinto. Una natura in contrapposizione all’opera posta in primo piano. Tutto tace, come se avvolto da un senso d’inquietudine che riesce abilmente a conferire a tutte le sue opere. Persino l’atto della lettura appare come un segno di limitazione, ripiegando su se stessa la concentrazione. Prima di realizzare la tela, seguirono diversi disegni preparatori, Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti che aveva visto dal vero a Parigi, tuttavia il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da diversi fotografi.

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